basso focolare v’ era la rastrelliera (gratula) carica di lucentissimi piatti di peltro, sotto la quale pendevano ai ganci le istoriate boccalette di maiolica. Dalle travi scoperte del soffitto penzolava la carne suina salata, appesa a dei grossi chiodi di ferro (caricars). Tra i più assidui avventori v’erano: Carlo Cechet, Tita luminar, Cupite ciargnèl, Toni cialiàr, Drea ciadrejàr, Pan di sorch maringòn, Jacun pìntar, Luizut maringòn, Tita da la ciarta strassa e Rofetòn scovastràdis. L’ enimmistica popolare goriziana fioriva spontanea e allegra, accompagnata sempre da clamorose risate. Ecco un piccolo saggio : Plui che mi sfregolis, Co mi butis su la funtano, Plui mi consolis ; Jai finit la cucagna. Co mi butis jù pai balcon, Co mi butis sul fuch, Ciati un altri paron, Jai finit dut. (Più mi soffreghi, più mi consoli; quando mi getti dalla finestra, trovo un altro padrone ; quando mi getti nella fontana, ho finito la cuccagna ! Quando mi getti sul fuoco, sono finito. - La pulce). Pìndul, pàndul No tira il fiat Sta impiciàt Ma servìs un gran Signor Dì e gnot Dì e gnot cui so luzor. (Pendolo, pandolo, sta appeso giorno e notte senza tirar il fiato, ma serve un gran Signore, giorno e notte col suo splendore. - Il lumicino della chiesa). Se lavezo No m’imprestezo. Se no latìezo, M’imprestezo. (Se lavate non m’imprestate, se non lavate me la imprestate. - La tavola per il bucato.) Jai dos sitis di gràs Fucs di ca Che no i darès a me mari Fucs di là, Nància se crepàs. Fucs tal ciantòn. (Ho due pentole di grasso, che non le darei a mia madre neanche se crepasse. -Gli occhi.) (Fuochi di qua, fuochi di là, fuochi nell’ angolo. - La scopa.) Il plevàn La malina, Di Salcàn Co si jeva, Duta la gnot Gi da una lavadina Lu ja in man, E lu suja cui sujaman. (Il pievano di Salcano, tutta la notte lo ha in mano, la mattina quando si alza dal letto, lo lava e poi l’asciuga. - L’anello.) Va jù ciantant E ven su vaijnt. (Scende cantando, sale piangendo. - Il secchietto.) A It, altin, Cianài di sarazìn, Che presto lava E tiara no tociava. (Alto, aitino, cavallo di saracino, che filava veloce senza toccare terra. - La barca.) * Prima di mettere a dormire la prole» le mamme goriziane di una volta usavano recitare delle preghiere speciali. 230