In quel giorno gli apprendisti (garzòns) e gli operai (lavorèns) andavano dagli avventori del la-voratorio in cerca del vino, che doveva servire per la cena la quale, per antica usanza, veniva offerta dalla moglie del padrone. Durante il simposio, a cui interveniva il proprietario (paron) con tutta la sua famiglia, la lieta brigata intonava la vecchia canzone: San Martin mi tenta, Che mangi la polenta, Che copi la rasùta, Che bevi la bosìita, Che copi il dindiàt, Che bevi un bucalàt ! (San Martino mi tenta ch’io mangi la polenta, che ammazzi 1’ anatrotto, che beva una mezzetta, che ammazzi il tacchino, che beva un boccalone). La vivande tradizionali per la cena di San Martino erano la polenta di gransaracino con il guazzetto di dindietta, 1’ arrosto di anatra con l’insalata indivia, a cui facevan seguito le caldarroste e le mele arrostite sulle brace, che, dopo levate dal foco, venivano poste nel bagno di vino entro ai bicchieri. I goriziani erano gelosi custodi delle vecchie tradizioni friulane e protestavano sempre, quando tra queste venivano intrufolarsi quelle di genti oltramontane. Ne fa buona prova il seguente trafiletto d’un ebdomadario goriziano, del 1884, contro la Bock-Bier, specie di birra forte bavarese : «San Martino. Non c’è che dire, abbiamo giornalmente dei progressi. Un locandiere, anzi un trattore (per non aver bisogno di rettificare), Martedì allo scopo di attirare pubblico nel suo locale mandò ad avvisare per la città che in quella sera c’ era a spina del Bock-Bier e dippiù una buona ventilazione del locale. E dire, che una volta i goriziani, in simili giornate, bramavano essere invitati a mangiare la dindietta colla Polenta di saraceno, poi le castagne innaffiate da buona ribolla. Ed ora Bock-Bier. Maledetto il progresso... » Per San Martino cominciava la macellazione dei suini, nei limitrofi villaggi friulani, da ciò il ritornello : San Martin, la lujanja tal ciac!in ! (San Martino, la salsiccia nel catino!) che i ragazzi gridavano saltando oltre il falò, acceso sulle piazze la sera del dieci, in occasione del santo legionario. * L undici novembre entrava per termine di scadenza nei patti colonici e nei pagamenti delle rate dei debiti agrari. Taluni ricordavano in quel giorno la brutta esperienza fatta con alcuni creditori : Dio nus uardi dal fuch e dal ton, Di Tarn, Tamai e Tomadon I (Dio ci guardi dal fuoco e dal tuono, di Tarn, Tamai e Tomadon!) I contratti di locazione venivano a scadere per San Martino, per conseguenza tutto lo spettacolo, che si vede ancora oggi in qualche città il ventiquattro agosto, lo si poteva godere in quel giorno a Gorizia. Artigiani del principio dell' Ottocento Da un acquerello del tempo 216