capi, cioè con lo Zrini (Zrinyi), Nadasti (Nadasdy), Frangipani e Tattenbach, della nota congiura contro l’imperatore Leopoldo, lo fecero sospettare anche loro complice. Ma la giustizia vendicatrice che lanciò con tutto il rigore la sentenza di morte contro i colpevoli, non ostante le più attente inquisizioni non potè accusare il nostro cittadino d’un delitto, che la più vile calunnia e la più nera malignità gli avevano attribuito. La continuazione del suo arresto non ebbe più alcun rapporto coll’accusa che gli fu addossata. Leopoldo diede un pubblico attestato di riputarlo innocente coll’ interessarsi per la liberazione di lui. Infatti esistono memorie, che l’imperatore avesse ordinato nel 1682 a Sigfrido Dietrichstein, allora capitano di Gorizia, di procurare la pace fra il Turriano e fra alti particolari nella contea. Non dipendeva che dal Turriano medesimo di sortire dall arresto, se avesse voluto piegarsi a quelli che aveva offeso ; ma sagrifìcando la libertà della sua persona alla fermezza del suo animo, morì in prigione il cinque marzo 1689 nel castello di Graz, con quella superiorità inflessibile che si fa gloria di non cedere in verun incontro. * Quale autore dell’attentato, contro il conte Turriano, veniva accusato il barone Francesco Maria di Neyhaus, che faceva in tempo però di mettersi al sicuro oltre il confine, nei domini della Serenissima. Per imbastire il processo contro il contumace venivano mandati da Graz a Gorizia i consiglieri di reggenza Orazio Colaucci e Ferdinando di Rechbach. Quest’ultimo, autore del libretto dal titolo : « Observationes ad stylum curiae grae-censius et subordinatorum tribunalium Styrie, Carinthiae, Carnioliae, Goritiae, Tergesti, Fluminis e Ampletii», che contiene interessantissime notizie per la conoscenza delle leggi e della procedura di quei tempi. 11 Neyhaus veniva condannato per delitto di lesa maestà in secondo grado, all’esilio perpetuo, alla perdita delle prerogative baronali e alla confisca dei beni. La giustizia, dopo avere fatto radere al suolo il di lui palazzo, faceva porre su quel sito una lapide per ricordare ai posteri il delitto infamante perpetrato dal Neyhaus. Imprigionato il Turriano nel 1671, chi si riteneva colpito ingiustamente per colpa sua, ricorse alla clemenza imperiale. 11 fatto poi che nel 1682 l’imperatore stesso aveva ricercato il capitano di Gorizia di procurare la pace tra il Turriano ed i suoi nemici, aumentò notevolmente il numero dei ricorrenti. Tra questi è da comprendersi anche il Neyhaus, il quale, verosimilmente in quell’anno, avanzò all’imperatore la seguente domanda per un salvacondotto, onde potersi discolpare delle accuse attribuitegli in sua assenza: «Sacra Cesarea Maestà. Bandito, confiscato, e privo del proprio essere io Francesco Maria de Neyhaus suddito umilissimo della Maestà Vostra, conservo nondimeno in me stesso quella devozione verso il mio naturai Principe, che è connaturale dell’anima indivisibile del mio core ed ardisco dire spirito del mio spirito. E come il nativo Cielo per istinto della natura, ancorché torbido, si ama più che la serenità d’altri cieli, così io adoro più la faccia irata della Maestà Vostra, che ogni favorevole fortuna, che mi possa incontrare in stati alieni. Questo affetto, che nel colmo dei miei travagli inseparabilmente accompagnò l’agi-tationi della mia vita, mi riduce finalmente suplichevole ai piedi dell’ Imperiai Clemenza per chieder non di quelle grazie, de quali la mia contumacia mi rende incapace, mà di quelli indulti, che la benignità de Supremi Monarchi riserva a contumaci. Chiedo prostato e genuflesso la gratia d’un salvacondotto, poiché non essendomi lecito in absenza il disputar con la sentenza, che mi condanna, possa presentato sotto gli occhi della giustizia di lucidar la mia oppressa innocenza. 80