Giunti in prossimità della mèta scendevano — dal carro con le membra indolenzite per i frequenti rimbalzi. Venivano accolti festosamente dai giovanotti, impresari del ballo, e dai paesani che li seguivano dappertutto. Sgranchiti un po’ i garetti, si disponevano in colonna per fare il loro solenne ingresso nel villaggio, al cui limitare era eretto un arco di trionfo guarnito di lauro e di lampioncini di carta variopinta. In capo marciavano gli organizzatori della sagra, abbracciati 1’ un l’altro in modo da formare una riga serrata. Poi venivano i musicanti, quindi una turba di ragazzi, che cammin facendo veniva sempre più ingrossando. La comitiva si recava ad ossequiare, sonando allegre marce, il podestà e i maggiorenti del villaggio. A Piedimonte (Pudigòri) il corteo sostava davanti il Palazzo del conte Attimis, pezzo grosso deH’aristocrazia goriziana. 11 vecchio conte Sigismondo (Mundi), figura di perfetto gentiluomo dei tempi andati, dopo essersi presentato sul pianerottolo della scalea marmorea a ringraziare la comitiva, faceva distribuire dai suoi servitori in livrea pa- I' trasporto della magnolia recchi boccali del famoso Riesling delle sue rinomate cantine. Costoro dopo la bevuta se ne andavano al'grido : «Viva il nostri bon sior cont ! ». Per caratterizzare il tipo del vecchio musicante da sagra valga il seguente aneddoto. Una domenica una comitiva di goriziani era stata invitata di andare a sonare alla sagra da ballo, che si teneva a Sant’Andrea. Prima dell’inizio delle danze l’oste e impresario del ballo aveva invitato i sonatori a vuotare un paio di boccali di vino in cantina. Dal soffitto pendevano, bene disposti per una buona arieggiatura, X parecchi salami e lunghe corone di salsicce da brodo, di cotechini (crodighìns) e di salsicce di polmone (polmonèzis). Ma specialmente quest’ ultime, squisitissime se servite con le verze, avevano richiamato l'attenzione del sonatore di bombardone Francesco Gaspardis. Egli s’era avvicinato, un po’ per volta, alla corona più lunga di quelle, in modo di farla arrivare nella canna dell istrumento. D’ un tratto, credendo che l’oste non lo vedesse, B f il-' M aveva saputo dare con lo strumento uno strappo così violento, F fi . ¡fi:.! j da farla precipitare nello stesso. àJgO II Gaspardis, dopo quell’ingozzatura non riusciva più di ’’Ili»jpUiJjSif8 emettere un suono dal bombardone e imprecava maledettamente: « Orco sas'm, orco dal passar solitari, ca no ven fur una nota!». ;L - ~ (Orco assassino, orco del passero solitario, da qui non esce più "'-^-jW3Sr " una notai). Ma l’oste, che aveva visto il trucco, per togliere La Piazza del Duomo nel'600 >1 sonatore dall’imbarazzo, lo aveva invitato a vuotare l’istru-Da un disegno del tempo mento, ciò che aveva fatto naturalmente sbellicare dalle risa tutti i suoi colleghi. Verso le diciassette, terminato il vespero (hinidisiòn) in chiesa, cominciava la festa da ballo. Dai luoghi vicini giungevano frattanto i giovanotti (fantàs) cantando le patetiche vii-lotte nostrane : Chel garoful in che tassa, In che tassa sul balcon, Bùtilu jù, bambina biela, Che viodin se naza bon ! 7