dei provetti gioiellieri. Le popolane dicevano: Azin doli l’aur a Udiri o a Palma, che là lu jan plui fin. Queste due città, come è noto, appartenevano da lunga pezza alla Repubblica di Venezia e vi rimasero sino alla sua caduta, avvenuta nel 1797. La finezza dell' oro veniva garantita, all’ acquirente dalle severissime leggi vigenti in materia e dal punzone, una spada, impresso negli oggetti di quel metallo. La Repubblica di Venezia, secondo la credenza popolare, puniva gli orefici, che tentavano di frodare il pubblico col vendere oro di titolo più basso di quello indicato dal punzone, con il taglio della mano destra e con l’abbacinatura o l’asporto di un occhio. L’oro veneziano era di due qualità; quello di primo titolo aveva diciotto carati, quello di secondo titolo ne aveva dodici. A Gorizia si portavano gioielli d’oro di diciotto carati, cioè d’oro da zecchino veneto (àur sichìn), e di oro spagnolo (àur spagnòlet). I gioielli d’oro di quattordici carati erano stati introdotti a Gorizia appena nella seconda metà dell’ Ottocento, dopo che alcuni orefici stranieri, provenienti dal Settentrione, erano venuti qui a stabilirsi. Nella seconda metà del Settecento v’ erano a Gorizia quattro orefici e precisamente: Mattia Mervi, Mattia Pittermon, Giovanni Puecher e Tommaso Saiber. In un poemetto friulano, del conte udinese Giambattista Della Porta, che si riferisce a Gorizia nel 1810, vi sono due versi : D’aur e d’arint lavòrs a filgrane ju oresins mostriti di lor mans fatare, (lavori a filigrana d’ oro e d’argento mostrano gli orefici, quali loro manufatti), che attestano che ancora in quell’anno venivano confezionati oggetti d’oro in città, specie lavori in filigrana, cioè in filo attorcigliato d’oro Gioielleria goriziana: orecchini a pinnacolo e d’argento. Di orefici goriziani della prima metà dell'Ottocento ci è rimasta notizia verso il 1830 di tali Knipfer e Bertossi. Ambidue tenevano la loro bottega con annesso lavoratorio in Contrada del Rastello. La numerazione goriziana dell’oro era la seguente: oro numero uno, di sei o otto carati ; numero due, di dodici carati ; numero tre, di diciotto carati ; numero quattro, di quattordici carati. Dal documento del 1 766 apprendiamo che le goriziane portavano dei gioielli tra i capelli. I fiori da testa venivano disposti seguendo un dato ordine ; erano d’oro oppure d’argento a seconda delle condizioni economiche di chi li portava. Consistevano in spadini (spad'ms); trombettine (trombètis) ; cuori infrecciati (chrs infresàs) ; aghi crinali terminanti in una sfera (spilbns cu la baia); aghi crinali col tremulo in filigrana (spilbns tremui a fila-grana) e farfalle in filigrana (pavèis di filagrana). Le donne del popolo portavano grandi orecchini Gioielleria goriziana: orecchini a lacrima pendenti di filigrana d’oro, che secondo la forma che avevano prendevano nomi differenti : a chioccia (a ciòcia); a pinnacolo (a p'mdul); a lacrima (a lagrima); a rana (a zàba); a catene (a ciadènis) e a pallottole (a p'irul). Oltre al paio di orecchini d’oro, senza altre indicazioni, che noi riteniamo per uno Gioielleria goriziana : orecchini a chioccia 72