Io non sprecherò il tempo con delle descrizioni della taccagneria del convito nuziale, cui alcuno dei convitati chiamò - convito funebre - nè colla specifica dei capi costituenti il misero fardello che a titolo di corredo seguiva la mia sposa; ma osservo che dessa per mancanza assoluta di ogni e qualunque gioiello, recavasi perfino senza orecchini all’ara del Signore. Terminato il lugubre convito, stava pronta la carrozza per il progettato viaggio di Venezia. Già vi furono adattati e scatole e bauli e bolgie da viaggio, quando il novello suocero a passo lento e restivo, s'accostò allo scrigno e trassevi fuori l’occorrente viatico, dico occorrente, avvegnacchè mi venne consegnato colle precise : Ecco qui Fior. 100 per i bisogni del vostro viaggio. Io speravo che col matrimonio dovesse subentrare altro contegno, e ritengo che chiunque sarebbe nei miei panni sentita la medesima debolezza. - Ecco qui Fior. 100 per i bisogni del vostro viaggio - fu un colpo micidiale (per il mio già d’altronde sa-grificato cuore) il quale, ad un tratto il baratro infernale mi scopriva in cui il destino m’ ebbe sospinto. Muto, perchè più che verme umiliato, presi quel primo acconto sopra la mia schiavitù ; mi stava però indeciso se o meno avessi d’imprendere tale viaggio. La vergogna del restare ed il conforto di ricorrere in caso di bisogno ai parenti miei sia in Udine sia in Venezia mi spinge in legno. Oh la bella prospettiva che già il primo giorno delle mie nozze ai miei occhi si affacciava. La sposa che appena salita in carrozza mi sussurrava mostrarlesi dei nuovi sputi di sangue - un viatico di Fior. 100 in banconote e la speranza di dover prender ad imprestilo per sostenere le spese del viaggio, e anche (come il buon suocero si sperava) i funerali della sposa. Fidato ciò non pertanto nella mia costellazione e prendendo la divisa fortes fortuna juvat mi confortai confortando la sposa da replicati sputi di sangue esterrefatta. Approdammo in Venezia felicemente; non partecipammo ad altri divertimenti che a quelli di piazza e col primo di quaresima ritornammo ai patri lari per continuarvi la vita quaresimale. Ci fermammo la notte a Salcano ed il giorno susseguente ebbi il bene di condurre la sposa nella mia residenza a Canale senza che nè suocero nè suocera avvisati si fossero di venir almeno vedere dove conduceva la loro figlia. Qualche giorno appresso poi vennero entrambi e sì l’uno che 1’ altro sembravano soddisfatti ed ebbero anche ad esprimere il loro contento agli altri parenti. Rimase convenuto tra giovani e vecchi che i giorni festivi e feriali dovevano possibilmente essere passati in compagnia a Salcano, epperò ogni sabato sera io colla sposa (la cui salute intanto cominciava a rifiorire visibilmente) recavami a Salcano. * Codeste peregrinazioni però a motivo dei pessimi legni di campagna accagionarono dei soffrimenti di petto a mia moglie, per cui ebbe a dolersi meco e coi genitori. Come notorio il T. tiene carrozza e cavalli, ma è però forse che egli offerto avesse la medesima alla sofferente figlia, che per visitare i suoi vecchi arrischiava la salute, mentre io dall’altro canto sopportare doveva la spesa di trasporto peli’andata nel sabato e per il ritorno nel lunedi ? Vedendo in tale guisa procedere le cose e comecché il buon suocero era ben lontano da voler conoscere i nostri bisogni, essendo di più trascorso quasi un mese dal giorno del matrimonio, costretto mi vidi di rompere tale silenzio standomi di cuore più di tutto la salute di mia moglie gli feci dire dalla suocera perchè si compiacesse darmi 200. Fior, onde acquistarmi un calesse per comodo della sua ancor infermiccia figlia. Indarno. Scorsi altri otto giorni sforzai me stesso (ancorché contrario a mendicare ove s’ha diritto di chiedere) e gli pregai il suddetto importo per 1’ indicato scopo. Egli si scusò di non averne tanto per casa, ma che quanto prima venderebbe il vino e poi non tarderebbe. (Campa cavallo che l’erba cresce, pensai tra di me.) Nell' istessa domenica mia suocera mi chiese di scrivere in suo nome una lettera 199