Verso le diciotto venivano a fare visita ai camerati il generale brigadiere Molinari assieme ai generali a riposo Teodoro conte Radetzky e Leopoldo cavaliere de Lindemann, nonché parecchi ufficiali di stato maggiore, i quali avevano pure banchettato appartati, e, a quell’ ora, avevano levate le mense. Poco dopo, tutti riuniti, abbandonavano la trattoria e, preceduti da buon numero di soldati, che portavano il ritratto dell’ imperatore seguiti dalla Banda militare, entravano in città percorrendo la Via dei Signori e la Piazza Grande. Parecchi erano brilli e ogni qualtanto alzavano assordanti evviva all’ indirizzo del loro monarca. 1 goriziani, che a quell’ ora si trovavano in strada, e, ai quali riusciva affatto nuova ed inaspettata tale dimostrazione, facevano largo a quella comitiva, che serrava quasi tutta la via. Ma a pochi certamente era capitata l’idea balzana di togliersi il cappello al passaggio di quella turba briaca. 1 soldati e gli ufficiali, vedendoli assistere impassibili a quello spettacolo, si erano messi ad insolentire i cittadini ed a percuoterli. Vi fu persino il caso, che un ufficiale si pose ad inseguire, con la sciabola a metà sguainata, un cittadino sino sotto ad un portico. Tra coloro che le buscarono dai soldati furono il maestro di musica Antonio Ven* turini, i commessi di negozio Luigi Cristofoletti e Giambattista Torelli, il possidente Valentino Bresausig e Isacco Luzzatto, addetto alla Comunità israelitica, individui affatto pacifici - a parere del Presidio magistratuale, - gente che non si curava di politica, persone oscure, che non potevano essere in uggia a nessuno. Questi fattacci assunsero l’aspetto di una palese provocazione verso la cittadinanza e diedero motivo ad una satira, che venne diffusa clandestinamente per la città. Questo il suo tenore : El giorno 18 Agosto 1861 a Gorizia. Quartine. Gera domenica disdotto Agosto, Proprio de st’anno sessantun, Quando partendo da un certo posto Andavo in cerca de qualchedun. E tutti quanti (no i cittadini) I ritornava dal Cattarin E tutti pieni come facchini Tutti imbriaghi pieni de vin. Cussi venivo su per Rastello Fumando un zigaro, de bon marca, E calcolando col mio cervello Se un pò de piova la vegnarà. Zo per il Corno, la via dei Siori, Per altre strade della Città 'Col segenoestreich gran clamori Portando il quadro de so Maestà. Quando in un tratto sento un sussuro, Di urli, evviva, e non so che, Soni de tromba, son de tamburo, Un raggiar d’asini, un fracassè. E con sto quadro la gera bella I lo portava de qua e de là, Pareva proprio Purcinella Fra Pantaloni che gera là. Cosa del diavolo, mi penso allora, Xe sto fracasso, xe sta rovina ! Xe messer diavolo saltado fora, Xe l’inferno che s’avvicina ? Cammino avanti - Corpo d’un’oca l Cossa i xe mati, cossa xe stà ? Cossa che a veder a mi me tocca, Cossa che a dirla nessun crederà. Gera la banda dei Ongaresi, Gera soldai, popolazion, Tra uffizioli, e tra borghesi, Ghe gera almeno tre battaglion. Ma quel che è peso, no save gnente? Che gran bravura che i ga savu far ? Quando i passava vissin la zente I li forzava descappelar. E più de uno, che ignorava Questa so legge che i ga inventà, Un scapelotto ghe capitava Perchè il cappel no i ga cavà. A Solferino, fioi de p..... Queste bulade dovevi far Ma là scondudi come le rane Stavi in tei fossi senza sfiadar. 160