goriziani tutti dello stesso tenore, colla data «Gorizia 20 febbraio 1869» e colla firma «11 Comitato. Tipografia del Comitato». Considerato che questo proclama accennando al recente processo pertrattato in Trieste in confronto di certi Periz, Pinaucig, Riaviz e Zucchi di Gorizia per crimine di perturbazione della pubblica tranquillità, ed alla fuga di Carlo Favetti ed Antonio Tabai implicati nello stesso processo, attacca in modo virulento l’operato di alti funzionari tenta d’infondere nei goriziani disprezzo ed odio contro il governo austriaco, i suoi organi ed aderenti, e minacciando atti di sanguinosa vendetta per parte del Comitato e suoi partigiani, chiude coll’ eccitamento alla lotta contro il Governo austriaco che non deve aver fine finche « la patria (:Gorizia:) redenta non sarà unita al resto d’Italia sotto lo scettro di Vittorio Emanuele». Considerato che il tenore del proclama, la virulenza delle espressioni usate, gli atti illegali e perciò odiosi attribuiti falsamente al governo dimostrano che l’intenzione del-1’ autore era quella d’infondere nei lettori odio e disprezzo contro il legittimo governo ed ì suoi funzionari, non solo, ma di eccitare eziandio principalmente colla chiusa i goriziani al violento distacco di Gorizia dal nesso dell’ Impero austriaco ; considerato che perciò il proclama contiene senza dubbio gli estremi obbiettivi del crimine di alto tradimento contemplato dal § 58 c. Cod. Pen. punibile a sensi del § 59 c. e non già quelli semplicemente del crimine di perturbazione della pubblica tranquillità contemplato dal § 65 a. Cod. pen. come pretendeva la difesa. Considerato in quanto all’ eccezione dilatoria opposta dalla difesa, che sebbene il crimine sia stato commesso mediante stampato, pure non essendo ancora entrata in attività la legge sui giurati, dovevasi procedere all’inquisizione a norma del regolamento ancora in vigore. Considerato che l’atto d’accusa prescritto dal § 217 R. P. P. fu regolarmente prodotto dall’ I. R. Procura di Stato il 19 aprile a. c. e che sebbene non sia nel medesimo esposto il fatto colle prove e gli indizi a carico dell’ accusato, pure col riportarsi alle motivazioni del Conchiuso d’accusa devesi ritenere essersi corrisposto a quanto prescrive la legge. Considerato che il Conchiuso di accusa venne regolarmente comunicato all’ accusato nel protocollo 17 aprile corr. e che nell’altro protocollo 21 aprile stesso venne reso edotto dal giorno fissato per il dibattimento, e che nello stesso giorno gli venne intimata copia del Conchiuso d’ accusa, e che sebbene possa per avventura dirsi irregolare la non seguita comunicazione dell’atto di accusa della Procura di Stato, pure tale irregolarità non sarebbe che di minima importanza e certamente non tale da dover sospendere la decisione in merito ; Considerato in quanto alla prova soggettiva che per la deposizione di vari testimoni, per le informazioni dell’autorità politica e municipale devesi ritenere che lo stampato venisse importato a Gorizia dall’estero e resta escluso che l’odierno imputato de Pregi ne sia 1’ autore ; Considerato che se per la coincidenza dell' ora nella quale il Pregi ammette di essere sortito di casa, con quella nella quale un esemplare del proclama fu trovato affisso, ancora umido di colla, vicino al caffè del Genio, e per le giurate deposizioni di Pietro Pagnacco e Valentino Medeotti, i quali dichiararono di aver veduto il Pregi in mezzo ad una turba di ragazzi attaccare il proclama, avrebbesi il motivo di sospettare che l’imputato sia stato l’originario affissore del detto esemplare di proclama, pure tale sospetto viene affievolito dalle deposizioni del giurato testimonio Sbogar, che il Medeotti disse contemporaneamente a lui presente al fatto, il quale Sbogar narra della riaffissione tentata dal Pregi quando Samuele Vito Pincherle aveva levato o voleva levare dal muro il proclama, e disse, in ciò corrisposto dai testimoni Antonio Cadorini e Francesco Vinzi; che il proclama si trovava già affisso prima, quando nessuno ancora si era fermato a leggerlo ; Considerato però che l’imputato confessa di aver veduto il proclama attaccato al caffè del Genio, di essere poi entrato nel caffè a far colazione, di essere di nuovo sortito dal caffè quando il Pincherle toglieva dal muro il proclama, ammette di aver ammonito il Pincherle di lasciare lo stampato dov’era, di averlo poi esso stesso preso dalle mani d 169