infernale consigliata ed incoraggiata dalla combriccola di quei pochi Goriziani rinnegati, di quei camaleonti politici, che con continui atti della più strisciante devozione si sforzano di far dimenticare all’Austria d’esser stati, prima dell’armistizio di Cormons, partigiani di Vittorio Emanuele e Garibaldi. Questa svergognata turba di gente ha giurato lo sterminio di quelli, che non hanno voluto curvar la fronte ; e che perciò le sono un permanente rimprovero. Ma s’ingannano tutti, cogli esilii e colle condanne si creano nemici irreconciliabili e l’Austria lo sa per prova che con questi mezzi non si giunge a distruggere l’Italianità di questa Provincia, in cui il sole che brilla è sole d’Italia in cui ogni pietra, ogni zolla, ogni tronco svela l’origine sua. Non si violano impunemente le leggi di natura, e Gorizia terra Italiana, reagirà con tutte le sue forze a questo nefando attentato. Goriziani ! Lo scandaloso processo che ora si agita a Trieste contro tanti Concittadini non ha gettato nò lo sterminio e Io sgomento nei Patriotti.» (In quel processo erano stati condannati a pene varianti da uno ad otto mesi di carcere: il barbiere Giuseppe Belli, il musicante Luigi Bosig, il negoziante Martino Ciuc (Zucchi), l’impiegato Luigi Coffou, lo scrivano Giuseppe Figar, il calzolaio Antonio Giovanelli, il fotografo e poi maestro di ballo Francesco Ma-rega, il musicante Francesco Ortali, l’agente Giuseppe Pinaucig (Pinaussi), il locandiere Giovanni Periz, il pittore Ferdinando Tercuz ed il sarto Giacomo Suligoi.) «Noi costituiti in Comitato secreto, accettiamo la sfida all’ ultimo lanciataci dal Governo ; e valendoci dal sacrosanto diritto di legittima difesa dichiariamo solennemente che gli opporremo le stesse armi con cui siamo attaccati. Ogni vittima che il governo vorrà fra i nostri, noi ne prenderemo uno fra i suoi più devoti Vita per cita. Sventura per sventura. Noi persisteremo uniti con energia e perseveranza nella nostra via non tralasciando occasione di dimostrare l’odio di questa Popolazione contro il despotismo straniero ; nè ci spaventeranno gli stati d’assedio anche se in piazza verrà piantata l’emblema della giustizia Austriaca, la Forca. Goriziani ! Vestitevi a bruno; la lotta sarà accanita. Cominciano i giorni di dolore, nè questi avranno fine che quando lat nostra patria redenta sarà unita al resto d’Italia sotto lo scettro di Vittorio Emanuele. Gorizia li 20 Febbrajo 1869. Il Comitato». L’affissore del proclama, che vaticinava la nostra redenzione avvenuta poco più di cinquant’ anni dopo, identificato dal commissario di polizia de Marquet nell’ allora venti-seienne Melchiorre de Pregi, venne condannato per alto tradimento a cinque anni di carcere duro, inasprito con tre giorni d’isolamento, alla fine di ogni semestre, in sostituzione dell’applicazione dei ferri. * Il cognome de Pregi (oggi Pregi) non risultava novo negli annali dell’imperialregia polizia, dedicati ai cospiratori politici contro gli Absburgo. L’ avo di Melchiorre, di nome Carlo, era stato processato, al principio dell’ Ottocento, per ingiurie all’ imperatore Francesco I. Lo si rileva, giusta Attilio Tamaro, da una nota informativa di Ignazio de Capuano, preside del magistrato civico di Trieste nel 1809, allegata ad una sua lettera spedita da Melchiorre de Pregi 167