Prima che scompaia il ricordo dei vetturini e mentre ancora le vetture pubbliche, che nei tempi andati formavano l’orgoglio dei nostri vecchi, stanno agonizzanti sulle piazze cittadine, in attesa di clienti che più non capitano - sopraffatte come sono dalle automobili eleganti e veloci - merita fissarne sulla carta i soprannomi dei conducenti (naulizms) ancora viventi e di quelli da poco scomparsi. L’ appioppare ad un individuo un nomignolo, tosto eh’ egli abbracciava il mestiere di vetturino era, per i goriziani d’ una volta, la cosa più naturale del mondo laonde, coll’andar degli anni, era raro quegli che distingueva con sicurezza il cognome dal soprannome. Ne avveniva per conseguenza, un confusionismo tale, che riusciva di svantaggio al pubblico stesso. Chi mandava la mattina in cerca d’ un vetturino, per esempio del famoso Fornàr, avrebbe potuto girare tutta la città senza poterlo trovare non passandogli per la mente, nemmeno in sogno, che il cognome dello stesso era Mèrvin, come lo indicava chiaramente la grande insegna, forse a due passi dalla casa di colui che lo desiderava. I soprannomi, come dappertutto, traevano origine da qualche qualità fìsica o morale, che il popolo non tardava a farla risaltare. Tralascieremo nell’elencazione d’aggiungere il cognome di chi li portava, ormai molti sono già nell’aldilà e gli altri potrebbero aver cambiata professione. Li tradurremo invece dal friulano in italiano, per comprenderli meglio. Baj di stopa (Baffo di stoppa) ; Gruès (Grosso) ; Carlo brut (brutto) ; Papagài (Pa-pagallo); Gobbo magnarame (mangiarame) ; Moro Orlando: Faganapa (Facanapa); Ar-lichin (Arlecchino); Lampo; Canon: (Cannone); Belva; Puor (Povero); Spetàcul (Spettacolo); Arz'd (Arzillo) ; Luca pìssul (piccolo); Mica da li vàcis (Michele dalle vacche) ; Mica malta; Fraia Mìchil (Michele gozzoviglia); Zors leon (Giorgio leone); Clastòn hrocul (broccolo); Zuàn da la Veda (Giovanni dalla vecchia); Filip da la Ursula (Filippo della Orsola); Meni carèta (Domenico carretta); Pieri batacul (Pietro battaglio); Porco jè ! (Porco lei!); Bon Dio ; Pèche-pèche ; Spichi; PaVon (Pavone); Pasta; Bichs (Lucido da scarpe) ; SaVata (Ciabatta) ; Sichin (Zecchino) ; Puls (Pulce) ; Frari (Frate) ; Pesot (Straccio) ; Luminàr (Accendifanali) ; Pinpinella (Salvastrella) ; Nonanta (Novanta) ; Aria ; Sividin (Cividino); Galinotto (Don Giovanni); Brenta; Fornàr (Fornaio); Cian-deràr (Ramaio); Ronciadìs (Roncolone) ; Ciào (dalla Ciceria); Tarnova; Salcanès (Sal-canese) ; Machin (Macchina, nome mascolinizzato). Se le condizioni dei vetturini d’oggi non sono troppo brillanti non lo erano però neanche in passato. Per convincersi basta dare un’occhiata alla tariffa ch’era in vigore nella seconda metà dell’ altro secolo. Una corsa di andata e ritorno, con fermativa non superiore a 10 minuti, costava per la stazione ferroviaria 40 soldi ; per San Pietro o Strazig 50 ; per Salcano, Sant’ Andrea o alla Baita 70; per Piedimonte o Peuma 75; per Merna fino al ponte, Aissovizza o Vertoiba 1 fiorino e 10 soldi ; per Lucinico 1 fiorino e 20 soldi. Già nell’estate del 1872 erano state poste a disposizione del pubblico delle vetture aperte chiamate « giardiniere », che dovevano in seguito, fare una concorrenza spietata ai vetturini, tanto per le corse in città quanto per quelle nei dintorni. Una corsa sino alla stazione, S. Pietro o a Strazig costava 1 5 soldi ; a Salcano, Sant’Andrea o alla Baita 20 ; a Piedimonte o a Peuma 25 ; a Merna, Aissovizza, Vertoiba o Lucinico 30 soldi. * La Domenica delle Palme (domenia ualìva), la città assumeva una fisonomia tutta particolare. Sotto i Volti di Senàus, e sotto quelli della casa, fattasi fabbricare nel 1441 da Volchero degli Ungrispach, in Piazza del Duomo, 56