In un Canto jorlano, dei primordi del decimottavo secolo, scritto in occasione della partenza dei soldati croati, eh’erano venuti a presidiare la città, sono ricordate le ova pasquali benedette (Us di Pasca benediz) e in tre quartine sono narrate le costumanze pasquali goriziane di quei tempi. No mangin (i croati) so’groseai Ne grioz (maiali) in tal paniz (panico) Vin scundut tal modeal El cividin, eh’e i plas al Briz. (Monsignore Martino Briz, l’amico del poeta goriziano Don Giovanni Maria Ma-russig, morto nel 1712, si era rifugiato ad Ossegliano per mettersi al sicuro dai predoni (sgraffadors) croati). Vin tripuzis (tripette) di chiauret (capretto) E gubanis cui satìòr Voltarin biel sol il spet (spiedo) Cerchiarin chel che l’e mior. A San Pieri po larìn Par dà jù un poc il past, Biel plancuz chiaminarin E urtarin po in qualche flasc. Le soperchierie della soldataglia croata sono ricordate, in queste due quartine : Tonz (tondini) di peltri ca e là O che mancin o che no son Fur da ballis podin fa Iu batons pai so zipon (giubbone) Savezo ce ? Fazevis miei Uardà lor, che i sis puartons (le sei porte di Gorizia), Cussi i curtìs (coltelli), plaz (piatti) e anei Mai piardetìis cui pirons (forchette). * Nel pomeriggio del giorno di Pasqua i goriziani costumavano, come già nel Settecento, di andare a San Pietro, dove intervenivano i contadini e le contadine nelle loro belle fogge tradizionali. Dopo il vespero la gente prendeva d’assalto le osterie. In queste veniva offerto in dono agli avventori un piatto di prosciutto cotto sul quale v’ erano inoltre due fette: una di pinza, una di gubana e due ova sode colorate. Lungo le vie i ragazzi giocavano a colpire le ova (traigi a l’uv), con un soldino; chi arrivava a colpirle se le prendeva. V erano dei ragazzi che ne intascavano quasi una dozzina in un batter d’occhio. La Seconda festa di Pasqua i nostri vecchi andavano a Salcano, dove, la mite temperatura permetteva già di sedersi all’ aperto, sotto il pergolato del cortile. I più animosi giocavano alle bocce, i ragazzi scorrazzavano per i prati tappezzati di erbette, mentre gli adulti facevano sparire, barzellettando, le ghiotte porzioni di prosciutto, le ove sode con l’insalata ed i cornetti al burro, inaffiandoli col pallido Cividino del Collio, che faceva perdere l’equilibrio a chi non sapeva misurarsi. L’ ostessa offriva agli avventori la tradizionale strenna di pietanze pasquali. In tempi più vicini i buoni patriotti avevano sostituito la gita a Salcano con quella a Visinale oltre il Iudrio oppure a San Giovanni di Manzano, dove potevano dare liberamente sfogo ai loro sentimenti d’italianità, cantando le canzoni patriottiche, senza correre il rischio di passare la notte maipersuasi in gattabuia. Se mancava il dono della classica gubana y’ erano invece i prelibati salumi friulani, che si potevano gustare accompagnati da buone bevute dell’invogliante Verduzzo e dai bicchierini dell’aromatica Linfa. * 61