La Banda civica nel 1899 Dopo il sesto numero è interpolato il seguente richiamo, scritto a matita : « Che più t’arresta ? L’ ora è tarda, vieni ! ». Chi poteva essere la donzella che veniva invitata dall’innamorato ad abbandonare il concerto ? Fraile Colombuta, agghindata nella crinolina, eri forse tu ? Mentre leggevamo quell’ invito ci sovvenimmo di Giorgione, che attendendo impaziente la modella aveva scritto, a matita rossa dietro la tavola dell’ aitar maggiore, del Duomo di Castelfranco, la regina delle sue opere : Vieni, Cecilia, Viena t’ affretta, 11 tuo t’ aspetta Giorgio Barbarella. Pochi minuti prima dell’ ultima battuta del valzer finale di un modesto compositore goriziano, che nascondeva la paternità delle sue fatiche sotto le iniziali N. N., i viali del giardino si spopolavano, per non riempirsi più che nella domenica susseguente. Nel pomeriggio un’altro pubblico animava invece i viali reconditi, ora scomparsi, specie quelli della parte più bassa, ai margini del torrente Corno. V’ erano le domestiche, calate a Gorizia dall’altipiano carsico, che passeggiavano coi fanti della milizia territoriale tenendosi infantilmente per mano, tessendo sogni per un avvenimento che mai si sarebbe potuto realizzare. Peppo, il vecchio custode del giardino, vedendoli sorrideva bonariamente dietro 1 grossi tronchi degl' ippocastani, poi, continuando la sua ronda infilzava ogni qualtanto col bastone ferrato i mozziconi dei sigari Cuba e Portorico, che scorgeva per i viali, onde riporli nella sua pipa di candida porcellana boema. * In Piazza del Duomo, verso le quattordici, si radunavano i musicanti con gli strumenti a tracolla, per andar a sonare alle sagre da ballo nei villaggi vicini. Si assidevano su d’un carro (scielàr), inghirlandato di rami d’edera, tirato da due cavalli riccamente bardati e muniti di sonagliera, che li portava nei paesetti friulani. 6