San Giuliano e la Triplice 47 dell’Italia, ed anzi dell’Italia e dell’Austria-Ungheria. Il 26 maggio 19x4, in risposta alle interrogazioni di varii deputati sui recenti fatti d’Albania, San Giuliano si era espresso cosi alla Camera italiana: «I fatti che ho riassunto e la situazione che ne deriva, gli eventi ulteriori che si possono produrre, hanno formato e formano oggetto, tra me e il conte Berchtold, di un attivo scambio di idee, ispirato a quella reciproca fiducia ed a quella perfetta lealtà che hanno sempre formato, formano e continueranno a formare in avvenire la solida base dei nostri cordiali ed intimi rapporti ». Queste dichiarazioni sembrano irridere alla verità, per chi conosce ciò che era seguito e ciò che doveva seguire. Sono uno sforzo di San Giuliano in extremis ai fini della Triplice. Ma se non corrispondevano alla realtà, esse corrispondevano invece allo spirito ed alla lettera della « parità » per l’Albania, e del trattato della Triplice: specie a quell’articolo I concernente quello « scambio di idee » che vedemmo come non fosse poi applicato nei nostri riguardi, sia in occasioni antecedenti (Konopischt), sia, ancora più gravemente, in occasione della crisi austro-serba. Non si può negare che alla difficoltà dei rapporti italo-austriaci, ben lontani dalla cordialità ed intimità annunciata tra i Governi italiano ed austro-ungarico vengano mantenuti, migliorati, e che i rispettivi agenti in Albania sieno ben convinti che se venissero compromessi nessun successo parziale in Albania compenserebbe il danno che da tale turbamento verrebbe alle due Potenze ed a tutta la situazione europea. È necessario che non si dia da parte nostra alcun pretesto all’Austria per accusarci di slealtà e per dirsi autorizzata a compiere qualche atto che potrebbe avere conseguenze gravi. Bisogna che tutti i nostri agenti osservino lealmente e scupolosa-mente lo spirito e la lettera degli accordi esistenti fra Italia ed Austria-l ngheria. Se risulta che da parte austriaca ciò non avviene, bisogna non fare altrettanto, bensì fornire al R. Governo elementi serii per metterlo in grado di fare rimostranze a Vienna e di dare alla S. V. istruzioni corrispondenti alle necessità di tutelare i nostri interessi ed il nostro prestigio... « Io credo anzi che ad una pericolosa gara di astuzia fra lei e Lòwen-thal sia preferibile un leale e franco scambio di idee concordando tra loro due e tra i rispettivi consoli a Valona e Scutari e tra i rispettivi delegati alla Commissione di controllo, una condotta comune. Qualora ciò non riesca, bisogna provvedere in modo da mettere il R. Governo ln grado di dimostrare a quelli di Vienna, Berlino e Bucarest che ciò avviene per colpa dei funzionari austriaci e non per colpa degli italiani. »