Prefazione 11 gazione italiana alla Conferenza della Pace, i suoi Ricordi e Pensieri si arrestano, volutamente, al 1915. Sidney Sonnino che, solo fra i ministri degli Esteri negli Stati belligeranti, ebbe continuità e responsabilità di governo dal novembre 1914 al giugno 1919, e tutto seppe in quei cinque anni, e tutto sofferse, pronto a dare all'Italia la sua « vita e tutto», non si diparti dal suo abituale silenzio. Del quale silenzio in questo volume appaiono esempi tipici e sconosciuti. Mi riferisco fra altro a quando Sonnino, con imperterrita decisione ma con responsabilità tremenda, tacque, anche a Sua Maestà il Re, a Peschiera, la proposta di pace, sulla base dello statu quo prebellico, avanzata dall’Austria-Vngheria mentre le truppe austro-germaniche, ripassato VIsonzo, avevano varcato il 'ragliamento, e a Berlino e a Vienna potevano illudersi di occupare Lombardia e Piemonte e suscitare la rivoluzione in Italia. Se non che nei cinque anni in cui Sonnino mi tenne’ accanto a se, e negli anni successivi alla guerra, io considerai piti volte come bene gli si addicessero i motti disperati e magnanimi che egli, con orgoglio dantesco, aveva iscritto sugli alti palchi della sua bella biblioteca romana : Aliis si licet tibi non licet — N iter in adversum. Anche nel tenace silenzio. Nulla si ha di Paolo Boselli, che accettando animosamente, benché quasi ottantenne, il grave incarco di Primo ministro (giugno 1916-oltobre 1917) stette piuttosto nell'ombra di Sonnino. Vittorio Emanuele Orlando, che succedette al Boselli nell'ora più tragica della nostra guerra, ma affermò che l'Italia avrebbe seguitato a combattere anche a costo di dover ritirarsi nella sua Sicilia, e dovette percorrere il calvario della Conferenza della Pace (ottobre 1917 - giugno 1919), non ha pubblicato fin qui che brevissimi chiarimenti in giornali italiani e brevi articoli in giornali di oltreoceano. Tali deficienze di documentazione politica italiana, scarsa in Italia e quasi nulla all'estero, hanno mantenuto e rafforzato taluni errori di fatto, e la valutazione di essi, nella opinione pubblica mondiale. Per anni si continuò a speculare iniquamente sul supposto "tradimento" dell'Italia. Ricordo che andando nel 1926 ambasciatore a Berlino trovai sussistere ancora e ripetuta frequentemente la stolta accusa su giornali