Allotti c Lówenthal 45 il disagio nelle relazioni, creavano fra i due Paesi uno stato d’animo ostile. Altro fomite di pericolosi contrasti era l’Albania. L’accordo per la parità italo-austriaca in Albania era giornaliero stimolo a dissociazioni invece che a collaborazioni. 1 due rappresentanti diplomatici colà, l’austriaco Lò-wenthal e l’italiano Aliotti, vegliavano perché la reciproca influenza e quella del loro Paese non subisse alcuno scacco in una gara zelantissima che talvolta oltrepassava le istruzioni dei rispettivi Governi. Più intelligente, più astuto, attivissimo, Aliotti superava di gran lunga il collega. Gli incidenti si susseguivano aumentando sempre più di asprezza. I.’Ambasciata austro-ungarica a Roma li trattava con mano pesante. A tale proposito il consigliere austro-ungarico un giorno (io aprile 1914) ebbe a dire di dover protestare per la « mala fede » di cui il Governo italiano aveva dato prova in occasione di una fornitura d’armi al Governo albanese. San Giuliano dovette esigere ritrattazione e scuse, ciò che il conte Berchtold ordinò ed avvenne nell’imminenza dell’incontro di Abbazia (14 aprile) ove San Giuliano aveva dichiarato non sarebbe andato se non avesse anticipata-niente ottenuto le soddisfazioni richieste. Qualche settimana più tardi (26 giugno) Merey dette lettura a San Giuliano di un telegramma a lui diretto da Berchtold, nel quale era sostanzialmente espresso il dubbio che l’Italia volesse abbandonare la politica di azione concorde con l’Austria in Albania, e mirasse alla caduta del Principe di Wied ed alla sua sostituzione con un principe musulmano in guisa da formare un secondo Marocco nell’Adriatico. Disse Merey che l’Austria non potrebbe mai aderire a tale soluzione e dovrebbe provvedere, secondo Berchtold facendo passi a Berlino per una solenne conferma delle deliberazioni della Conferenza di Londra, e secondo Merey con eventuali accordi con la Grecia « e con qualche atto più energico di quel che in Italia si creda e tale da recare al- 1 Italia la più spiacevole sorpresa» (1). (1) Come ebbe poi a telegrafare (27 giugno) Avarna, interrogato in proposito da San Giuliano, né Berchtold né Forgàch avevano fatto al nostro ambasciatore a Vienna, nei vari colloqui con lui, il benché minimo accenno alla minacciosa intimidazione a cui alludeva Merey.