« Calata germanica a Roma » [nov. Mi giunge per posta dalla Svizzera uno scritto in italiano di propaganda tedesca, emanato o ripreso di questi giorni, basato sulla vieta temeraria inconsistente accusa di tradimento dell'Italia. È intitolato: Calata germanica a Roma ed è del seguente tenore: Alfin siam desti. L’ultimo sogno — Di fedeltà andò in pezzi ! — Ora approntiam briglie e morsi — Con sguardo freddo — Ed affiliam le sciabole — Senza posa, senza posa, — E vol-tiam i nostri cavalli — Verso il Sud ! E cavalchiam senza tregua — Senza guida — Per l’antico valico dell’Alpi — Dei vecchi Imperatori Tedeschi. —Il sole di Roma, il vino del Sud — Era allora il loro miraggio; — Ma ora non guardiamo il sole, — Né proviamo uve. Vediamo solo il fiammeggiar del cielo — Come fiaccole brucianti — E sulle labbra sentiam sapore di sangue — E nausea nel petto. —Una sola parola abbiamo in mente: — «Al mondo non vi è l’uguale: — Dio bruciò sulla fronte d’Italia — il marchio rosso del traditore ! » Caino, dov’è tuo fratello Abele? — La tua lama dice l’assassino 1 — Giuda, tu vendesti l’anima — Per trenta denari! — Storie passate ! Il libro dell’avvenire — Non parlerà più di Caino né di Giuda, — Nominerà il nome « Italia! » E tale bestemmia vola pel mondo — Sino al più lontano scoglio — E quando ci rintrona negli orecchi — Ci mordiam le labbra a sangue —Taglienti come mannaie. — Veniamo, Roma, veniamo — A sciogliere lo spergiuro. Veniamo, come nessuna armata — Mai valicò le Alpi. — — Né bellezza, né splendor di sole —Ti salveranno dalle nostre spade — Ti cercheremo coll’acciaio e col piombo — E quando alfin ti avrem trovata, — Il tuo rantolo d’agonia — Ripristinerà l’onor del mondo. La propaganda nemica si è svolta subdola e pertinace fra i nostri combattenti. Mi dicono che furono sparse e si propagarono voci e manifesti tipo fronte russo: «La guerra è nino che il Governo austro-ungarico chiedeva ufficialmente al Governo italiano se Venezia doveva essere considerata città aperta agli effetti dei bombardamenti. Villa Urrutia aggiunse poi che il Governo austro-ungarico « declinava ogni responsabilità che potesse derivare da un ritardo alla risposta, se questa non era data nel termine di 24 ore ». Sonnino, sentiti gli organi competenti, rispose: « Venezia città non è fortificata ».