234 Orlando replica superare un altro periodo critico. Dovremmo subirne tutte le conseguenze. Non posso parlare senza un senso di grande emozione al pensiero che popoli i quali hanno combattuto insieme per anni debbano separarsi. Soffriremo molto se saremo abbandonati. Ma l’Italia ne soffrirà di più. Orlando. Senza dubbio. Clemenceau. Se i plenipotenziari italiani partiranno, auguro che vi sia una forza di ragionamento che li riconduca verso di noi. Spero che faranno un ulteriore sforzo per giungere ad un accordo. Il mio cuore fu sempre con l’Italia, con la sua grande e nobile storia, e riconosco gli immensi servigi da lei resi alla civiltà. Ma v’è un dovere che parla più alto. Non possiamo abbandonare i principii che sono quelli della civiltà. L’Italia ha la nostra parola. Ma se io mantengo la mia parola esigo che quelli con cui vado la tengano essi pure. La Francia non può aderire ad una clausola di un Trattato e ripudiarne un’altra. Orlando. Debbo fare una dichiarazione a proposito delle domande dell'Italia. Io avevo dichiarato al principio della seduta di oggi che intendevo discutere sulla base dei principii del presidente Wilson, nell’ipotesi che non si dovesse considerare il Trattato di Londra. Dicevo in ipotesi. È evidente che il giorno in cui io dovessi domandare la piena esecuzione del Trattato di Londra non potrei domandare Fiume in base ad esso. Circa il resto, nell’angoscia profonda che è nel mio cuore trovo la forza di protestare contro l’ipotesi che nel nostro atteggiamento possa avere qualsiasi influenza un supposto Marina italiana. Disfatta poi l’Austria-Ungheria dall’Italia, sembrò, in primo tempo, che la flotta austro-ungarica ci venisse sottratta in modo subdolo o capzioso. Tutto ciò ingenerò incidenti vari, apparsi più gravi perché acuiti da un lievito di gelosia o di rancore. Cosi quando, sùbito dopo l’armistizio con l’Austria, navi da guerra francesi vollero entrare in Adriatico, sottoposto al nostro Comando, e visitarvi porti assegnati allTtalia dal Trattato di Londra. Un altro incidente sopravvenne a Corfu, dove il Comando francese si dolse d’un mancato concorso, in forma solenne, da parte di una squadra italiana colà presente al momento della celebrazione dell’Armistizio con la Germania. L’incidente ebbe versioni contradittorie nei rapporti ufficiali francesi e italiani.