I fatti di Torino I25 Venerdì, 31 agosto. Giungono anche a me, in busta aperta, alcuni foglietti a stampa. Uno, firmato « L’Idea Nazionale », accompagna copia di un articolo per quel giornale, soppresso dalla censura, intitolato “Tener fermo”. Un altro contiene copia di una lettera di Enrico Corradini ad Orlando per lamentarsi di quel contegno della censura. L’articolo soppresso parlava dei fatti di Torino, ove «il pus socialista ed il pus giolittiano si amalgamano come in nessun altro luogo ». L’articolo continuava: « Avanzare, è la parola d’ordine dell’Esercito. Star fermi, deve essere la parola d’ordine del Paese ». « Si tratta di avere dietro l’Eser-cito un Paese sicuro, moralmente sicuro, disciplinato, fermo... Oggi è maggiormente sicura della vittoria... quella Nazione che ha insieme sul fronte e all'interno Capi capaci di governarla ». La lettera di Enrico Corradini ad Orlando è « di un Italiano di coscienza che prende parte con passione alla vita interna della sua Patria, in questa ora grave ». « I fatti di Torino di cui ci è vietato parlare non tanto si debbono a un cattivo animo di quella cittadinanza contro la guerra, quanto a un regime licenzioso in cui ogni sorta di nemici della guerra, nazionali e stranieri, hanno potuto agire ». Domenica, 2 settembre. Dubbi e difficoltà nella situazione parlamentare. Dico a Sonnino: « Perché non accetta Lei la presidenza? » « Saremmo sùbito al conflitto ». Giovedì, 13 settembre. Il Consiglio dei ministri si è riunito oggi due volte. Un comunicato ufficiale dichiara che dopo aver discusso intorno ai criteri di politica generale si è concluso « col riconoscere unanimemente quelle direttive che rispondono a quanto esigono le attuali condizioni del Paese ». Viene pubblicata notizia delle dimissioni di Camillo Cor-