di Carlo Malatesta, il quale ha atterrato 190 EPISTOLARIO parentum (a) memoria et suarum rerum gloria clarus, cum in eo bello quod apud(b) Mantuam geritur dux esset(c), statuam, que in ea (a) V ex parentum (b) Ar que apud contro il Visconti, trovandosi dopo la giornata di Governolo in Mantova, fece rimuovere dal luogo dove s’ergeva un’ antica imagine di Virgilio, ritenendola, e forse non a torto, oggetto d’un culto superstizioso. A Mantova, com’ è noto, ancora nel sec. xv si usava cantare l’inno in onore di san Paolo, di cui una strofa comincia: Ad Maronis mausoleum Ductus, fudit super eum Piae rorem lacrymae. (cf. A. Graf, Roma nella memoria e nelle immaginazioni del Medio Evo, Torino, 1923, p. 528). Oltre a ciò, dall’invettiva Vergeriana risulta che il signore di Rimini, non contento di dichiarare apertamente il proprio disprezzo per i poeti in generale, usava beffarsi anche di Cicerone ; sicché l’atterramento del simulacro di Virgilio appare in realtà come un episodio della « guerra combattuta nel sec. xiv contro « il risorgere dell’ antichità classica « dagli avversari della poesia pagana ». Di qui la grande commozione che l’atto di Carlo suscitò nei letterati umanisti, e la diffusione immediata dell’epistola del V. Anche il Salutati fece sentir la sua autorevole voce. Nella lettera che scrisse il 23 aprile 1398 a Pellegrino Zambeccari, il quale assieme con Iacopo da Fermo (cf. l’epistola seguente) gli aveva dato notizia dell’ atto del Malatesta, egli si mostra dapprima incredulo, e afferma non doversi dare veruna fede a simile accusa; egli « biasima anzi gli amici, perchè « l’abbiano accolta con cieca credulità « nè siansi curati d’investigarne la pro-« venienza e l’attendibilità; dichiara di (c) V geritar durum esse « più che da niun’altra parte gli è per-« venuta conferma del fatto; conferma, « soggiunge subito, impossibile ad otte-« nersi, perchè Carlo è principe troppo «saggio, troppo dotto, per aver per-« petrato tal sacrilegio ». Ma, dice il Novati, « l’incredulità di Coluccio « è... non reale ma simulata ; è un « artifizio, di cui egli stima oppor-« tuno valersi per rimbrottare il Mala-« testa indirettamente, per rinfacciargli, «senza che ei potesse offendersene, « la biasimevole azione, che il Vergerio, « men prudente, perchè più giovane e «non vincolato da alcun ritegno uffi-« ciale, aveva a viso aperto vituperata » (Epistolario di Coluccio Salutati cit. Ili, p. 285 sgg.). Per quanto concerne in generale l’illustrazione della presente epistola, e particolarmente riguardo l’esistenza d’una antica statua di Virgilio a Mantova, il posto che avrebbe occupato, l’attendibilità dell’atto e delle parole attribuite a Carlo Malatesta, vedi l’abbondante letteratura, specie degli scrittori di cose mantovane, citata dal Novati, e l’esauriente ragguaglio dato da V. Zabughin, Vergilio nel Rinascimento Italiano, Bologna, I ( 1921), p. 112 e sgg. L’epistola è stata più volte stampata, dapprima da Biondo, poi nelle varie edizioni delle Amoenitates litterariae dello Schelhorn, nella raccolta del Martene, ed infine dal Muratori, il quale, nella sua Prefazione alle Vitae Principum Carrarien-sium, accenna al codice dell’Ambrosiana, in cui l’epistola è riprodotta con la firma: «Bononiae, .xiv. kal. Octo-« bris .mcccxcii. Petrus Paulus Ver-«gerius de Giampietris de Sarnano». (Vedi Appendice II, doc.x, infine del volume).