DI PIER PAOLO VERGERIO 15 citatem nulla dies tollere, nulla vis rumpere poterit, sed tanquam in solido presidio positus adversantis fortune minas et impetus securus intrepidusque respectât, huius statum si quis limpidis<*> mentis oculis intueri posset, non pro acquirendis opibus et explenda S gula tot labores, non pro satianda libidine tot pericula subiret, sed solis virtutibus et sapientie studiis deditus vitam suam in per-fectoOO ocio tranquillus ageret. deque morte minime curiosus, nec absentem optaret neque presentem trepidus formidaret, sed et vite et mortis legibus parere dispositus, ut optime vivere, sic et optimc mori sciret. vale. Franciscus Faventinus. VI. P. P. Vergerto a Santo dei Pellegrini^'). [B, c. 8; P, c. 31; C, c. 262]. Bologna, • -» S aPrilc n#9 0) Si vales bene est, ego quidem valeo. nescio quid tibi maius f» voti per 1. s«- , •. . , ...... , 1 . rr ,ute bell'amico e imprecari valeam, et si quid esset, id tibi sine dubio aftecta- lamenta ¡1 loro reciproco silenzio. rem. verum oblitus es mei, vereor, a quo iam pluribus mensibus (») Cod., come sembra, limpiolis (b) Cod. inperfecto (c) B P. P. V. Sancto Peregrino s. d. C D. Sancto de Peregrinis einsdem P Eiusdem d. Sancto Peregrino (1) Respinte come al tutto erronee le indicazioni di luogo e di data addotte dai codici per questa scrittura, qualche lume tuttavia si ricava dal contenuto, per poter determinare il luogo che veramente le spetti nel carteggio fra Santo ed il Nostro. Se le prime frasi accennano ad un rapporto di tempo tra essa e l’épist. precedente, lo stesso deve dirsi delle epist. VIII1 e XVIIII, intorno alla cui data t codici tacciono, e difettano intrinseci argomenti veramente conclusivi. Anzi, se diamo retta al Combi, che asseriva le parole « unam «vescicam» (p. 16 r. 15) essere una storpiatura dei copisti per « Aneum " Senecam », e aggiungeva che i più competenti paleografi da lui consultati condividevano la sua opinione, potremmo collocare la presente anche prima dell’epist. IIII, e interpretare le parole «cum Seneca iandudum tuo» che si leggono in principio della stessa, come un atto di rassegnazione per la perdita di un volume imprestato. Ma l’emendamento del Combi non è necessario, e giova piuttosto rilevare una concordanza di concetti con le epist. VII, VIIII e XVIIII. L’assegneremo quindi ad una data posteriore all’epist. IIII, e poiché qui il V. cita Cicerone, non è da escludersi che questa sia la seconda delle due epistole «in fine februarii et martii