XXIV PREFAZIONE da Firenze, Pier Paolo non sortì alcun incarico, nè nello Studio di Padova nè nell’aula di Francesco Novello; rifuggiva tuttavia dalla vita della Curia Romana, malgrado delle esortazioni del vecchio amico Giovanni da Ravenna (epist. CVIIII, p. 286), e sperava in quella vece, mediante i vincoli di clientela che lo legavano ai Carraresi e con la dedica del suo libro, di procacciarsi il favore del principe sì da ottenerne, dove che fosse, un ufficio quale aveva sempre bramato, dietro gli esempi di Santo de’ Pellegrini, dei cancellieri grandi di Venezia, di Coluccio e del Petrarca medesimo presso gli stessi Carraresi. Nel frattempo, essendo forse da più anni entrato nello stato ecclesiastico, egli aveva proseguito nello studio del diritto canonico con lo Zabarella - il quale probabilmente gli procurò, nel 1404, la nomina a arcidiacono di Piove di Sacco (epist. CV) - e attendeva il corso degli avvenimenti. Senonchè, dovette ben presto rinunciare al disegno vagheggiato; le nuvole foriere di nuova guerra, l’ultima, tra Venezia ed i Carraresi s’addensavano sempre più, ed il partito a cui così Francesco Novello come la maggior parte de’ suoi consiglieri apertamente inclinava, non era certo quello che poteva raccomandarsi ad un suddito veneziano, figlio d’un antico ribelle contro la Repubblica già condannato a morte e poi graziato'. Giovanni da Ravenna 1 Cf. l’epist. LXXVIIII, p. 187, e la nota 1. Com’è noto, una parte cospicua delle nobili famiglie capodistriane, avvinte da lunga dimestichezza al governo de’ patriarchi d’Aquileia, si mostrava in principio ostile al dominio di Venezia, e due volte la città si ribellò contro di esso; il popolo invece aveva accolta volentieri la protezione della Signoria. Per quel che riguarda il Nostro, non sembra ch'egli condividesse mai codesti umori, che, del resto, ben tosto s acquietarono. Quantunque fosse per sangue, per vincoli d’amicizia, per la