DI PIER PAOLO VERGERIO 389 incertum est: ipsa tamen narratio facile sibi historie fidem vindicat, et ioco quidem, ut inter socios fit, referri solent atque ad varios minato a quella sede. Ora qui v’ ha certamente una confusione della cronologia. Il Vitéz fu promosso vescovo di Vàrad nel 1445; il Nostro era già morto nel luglio del 1444; il Podo-catero, che conobbe Gregorio più tardi, nel 1444 era tuttavia discepolo di Guarino a Ferrara (cf. R. Sabbadini, Epistolario di Guarino cit., voi. Ili, p. 510) ; e Gregorio stesso ottenne il suo canonicato nel capitolo di Vàrad dal vescovo Vitéz, e quindi dopo il 1445 (cf.H. Zeissberg.Di'« polnische Geschicht-schreibung des Mittelalters, Leipzig, 1883, p. 344 e sgg.). Come adunque possiamo spiegarci la dichiarazione del Buonaccorsi? Innanzi tutto, bisogna riconoscere che gli umanisti in generale poco si curavano dell’arte di verificare le date; e, oltre a ciò, il Buonaccorsi, recatosi in Polonia nel 1470, raccolse i ricordi di Gregorio intorno agli avvenimenti di trenta anni addietro quando l’arcivescovo di Leopoli era già più che settantenne. Un lieve errore di prospettiva cronologica non deve pertanto destar meraviglia, anche se il Buonaccorsi non ci sia caduto volontariamente per dare maggior efficacia alla sua narrazione. E difatti l’unico particolare del suo racconto che risulta evidentemente sbagliato è quello del soggiorno contemporaneo del V. e del Podocatero a Vàrad. In realtà, quand’anche il Buonaccorsi non avesse mai scritto, un incontro del V. con Gregorio, e quindi anche col Vitéz, nel detto torno di tempo parrebbe assai probabile. Già laureatosi a Cracovia, dove tuttora si conserva il codice del Genealogia deorutn del Boccaccio che gli apparteneva, Gregorio nel 1440 accompagnò Vladislao III in Ungheria quando questi vi si recò per ricevere la corona di santo Stefano offertagli a Cracovia dall’ambasciata ungherese di cui fece parte anche il Vitéz, allora « protonotarius Hungariae » e « custos « Zagrabiensis ». Dopo il luglio del 1444 troviamo Gregorio a Buda, sostenendo, in opposizione al legato Cesarmi - il quale appunto nel mese di maggio era stato nominato esecutore testamentario del Nostro - la necessità di tener fede alla pace conchiusa con i Turchi a Szeged, e più tardi, quando prevalse l’opinione opposta, egli segui il suo re alla battaglia di Varna, in cui perirono il legato, il re, e (come fu detto sopra) Giovanni de Doniinis, vescovo di Vàrad. E che quest’ultimo conosceva il Vitéz, il quale dovette succedergli in quella sede, è manifesto dal fatto che nel 1443, e probabilmente già nel 1440, il Vitéz era preposto di Vàrad, a non dire che perfino sotto Sigismondo egli era « notarius cancellarne « regiae maiestatis » (cf. V. Bunyitay, op. cit., voi. I, p. 268-93; V. Frak-nói, Vitéz Janós esztergomi érsek liete, Budapest, 1879, pp. 11,13,18, 149- j 1). A queste notizie infine si può aggiungere, se bene con qualche incertezza, quanto vien detto nella «Vita ade-« spota » (ved. Appendiceli, doc. v) intorno alla visita fatta al V. dal giovane Giano Pannonio, nipote del Vitéz, prima che si recasse alla scuola di Guarino a Ferrara ; com’ è noto, il Pannonio, orfano, fu assunto in casa dello zio quando era ancora fanciullo (cf. G. Voigt, Die Wiederbelebungi cit., voi. II, p. 318). Non pretendiamo certo di colmare le lacune e di chiarire tutti i problemi dell’ ultimo periodo della vita del Nostro con la scorta di notizie tanto tenui ; ma crediamo tuttavia che, vedendolo indubbiamente in relazione d’amicizia col vescovo de Dominis e col legato Cesarini, siamo per via di scherzo, due casi veramente successi ;