DI PIER PAOLO VERGERIO 335 cladem, que urbem Venetiarum invasit, ad nos divertit. post plures W annos illum nunc vidi primum, nec annis fractum nec adversis casibus W, sed valido corpore atque erecto animo, magna michi nostre urbis felicitas visa est licuisse tantum virum vel in 5 adversa eius fortuna videre. ego autem, ut ingenium est michi proclive illustres viros colere, omni studio illum veneror, assiduus comitor ac sedulus ei assisto, multus nobis de te sermo crebraque memoria, tu quoque vicissim fac memineris nostri interdum. vale. Iustinopoli .xx. augusti 1411. Tuus Petrus Paulus Ver-10 gerius (W. CXXVI. Il medesimo al medesimo WW. [B, c. 46 b; B3, c. 80b; P, c. 41 b; G, c. 112B; Go, c. 65B; Ra, c. 44]. Sollicitus sum tui, nec sum sollicitus mei; scio enim, si qua inde spes W est, curam suscepisse te mei, et plus posse ac plus nosse, nec minus michi velie quam ipsemet michi. de te veroW (a) BPG plurimos (b) Tuus Petrus Paulus Vergerius in BJ soltanto. (c) BG P. P. V. Frane.0 Zabarelle c. flor. s. d. Bì Ad eundem P Eiusdem ad eundem (d) B> qua spes inde (e) G nec minus mihi. de te vero (1) Allude probabilmente alla condanna riportata da Carlo Zeno per la sua presunta complicità nei consigli di Francesco Novello da Carrara. Al processo, che ebbe luogo nel 1405, i quesiti erano tre: se l’accusato ricevesse mai cosa alcuna dal Carrarese e per qual motivo ; se avesse mai avuto colloquio co’suoi ambasciatori e messi; e se avesse mai scritto lettere o da lui ricevute, e che cosa contenessero. Lo Zeno fu condannato infine alla perdita d’ogni ufficio e ad un anno di prigionia nelle carceri inferiori di Venezia (cf. S. Romanin, Storia documentata di Venezia, voi. IV, 1855, p. 43). (2) Per le circostanze politiche ricordate in quest’epistola ved. C. Cl- polla, Le Signorie Italiane cit., p. 301 sgg.; Giornali Napoletani in Rer. Ital. Script., XXI, col. 1073; K. Dieterle, Die Stellung Neapels und der grossen italienischen Kommunen %um Konstanter Konzil in Römische Quartalschrift, 1915, p. 3 sgg. L’elezione di Alessandro V dalla sinodo di Pisa, di cui Ladislao, nonostante gli sforzi fatti da Firenze per riconciliarlo con i cardinali, si mostrava il nemico più temibile, aveva porto il destro a Luigi li d’Angiò di tentar di conquistare il regno di Napoli, sotto pretesto che Ladislao parteggiasse per Gregorio XII, difeso dal re per il proprio tornaconto. Dopo la sua incoronazione a Roma da Giovanni XXIII (il 3 maggio 1411), l’Angioino riportò distria, dacché a Venezia infuria la peste ; è ancora robusto e fiero pur nell’ avversa fortuna, ed egli lo assiste con riverente affetto. Spesse volte discorrono insieme dello Zabarelia. Questi si ricordi di auando in quando di loro. Capodistria, 8 novembre 1411. Non per la propria sorte si preoccupa, ma per quella dell'amico,