476 EPISTOLARIO quae Caput Hystriae nunc appellatur M, quae vulgo Cavo de Hystria dicitur, apud veteres tantum Hystria nuncupabatur. Fuit etiam de fa-milia Vergeria, unde est cognomen Vergerius; et hie Patavii et Bono-niae litteris tanto opere claruit in omni genere bonarum artium quod in ilio tempore (b) principatum obtinuit inter caeteros, in studiis praesertim 5 humanitatis. Cum studerei Bononiae, volebat audire de omnibus libe-ralibus artibus et de philosophia, musica, astrologia, logica et dialettica; unde quadam die quidam W ipsum interrogavit cur tot et tantis rebus indulgerei. Respondit ipse: « Ego malo scire pauca de multis quam multa « de paucis ». DoctissimusW erat in iure civili et philosophia et utraque 10 lingua tam graeca quam latina. Consueverat etiam singulis (0 annis habere orationem, dum viveret in patria, in Foroiulii (0, de laudibus beati Hieronymi, cuius amore magnopere afficiebatur, ob elegantiam (a) appellabitur (b) in illa tempora (c) quindam (d) diclissimus (e) sin-gularis (f) Forolivij nato Zanelli di Modigliana (Forlì), è stata poi racconciata a sufficienza con l’aiuto del Sabbadini, è chiaro come i suoi ricordi ci conducano a Ferrara in un periodo posteriore alla morte delV.; e da quanto egli afferma sul conto del fratello centenario del Nostro, e da altri indizi, riteniamo che li dettasse in un tempo posteriore anche a quella di Guarino (f 1460). Non più di trent’anni però: chè la fine scrittura umanistica dell’ancor meno intelligente copista di queste carte della miscellanea forlivese, come pure l’uso della cediglia per accennare i dittonghi, pare indichi una data alquanto anteriore al sec. xv exeunte. Dal contenuto dello scritto deduciamo altresì che, verso il 1450.il biografo era stato discepolo del maestro, e parrebbe che, prima di scrivere il suo commento al trattato De in geniti s moribus, ma molti anni addietro, egli avesse assistito ad un corso del Veronese sopra il medesimo argomento (cf. R. Sabbadini, La scuola e gli studi di Guarino Guarirti cit., p. 39). Aggiungasi ancora che da certe sue allusioni risulterebbe che il biografo avesse avuto tra le mani una raccolta abba- stanza ampia delle epistole del Nostro. Per tali motivi dunque saremmo propensi a dar fede, in generale, alle sue dichiarazioni intorno all’incontro di Guarino col « fratello » del V. a Verona, e, similmente, intorno alla visita fatta dal «Pannonio» - che stimiamo doversi ritenere tutt’una persona col giovane Csezmicze (Giano Pannonio) -al V. a Budapest. Ammesso però che il primo incontro avesse veramente luogo, come il biografo afferma, a Verona,e cioè avanti al 1429, l’anno in cui Guarino lasciò la sua città, è manifesto come il V., non essendo allora sessantenne, non fosse affatto « in ultima « vitae senectute», nè pare attendibile ch’egli si sia ritirato in un k eremo» mentre Sigismondo era tuttora vivo. Secondo il Petronio, la morte dell’imperatore e la noncuranza del suo genero furono i motivi per cui il V. s’indusse ad entrare in un convento, e quindi il suo ritiro avvenne, se mai, dopo il 1437. E chi era poi il «fra-« tello » che diede notizie del V. a Guarino? Un «fratello» dell’eremo? Un fratello germano? Non sembra. Crediamo piuttosto che si tratti del