LIV PREFAZIONE questa con tutta probabilità la sola raccolta che girava in quegli anni. L’anonimo biografo, discepolo di Guarino, che ci lasciò la V i t a del Nostro, conservata in un codice forlivese (Appendice II, doc. v), aveva anch’egli conoscenza, diretta o indiretta, d’una raccolta contenente alcune epistole giunteci solamente nei codici B e C, fra quelli cioè che potevano essere noti a chi scriveva negli ultimi lustri del sec. xv. Che tali coincidenze di tempo, di luogo e di persone non siano fortuite, è un’illazione confortata poi dal carattere frammentario della raccolta e dalle stesse incertezze dei copisti. E difatti, se tutti i documenti d’archivio, che ci attestano esplicitamente la presenza dei detti notai e maestri a Capodistria, fossero per avventura andati perduti, nondimeno avremmo quasi dovuto postulare l’esistenza d’una simile cerchia di raccoglitori e annotatori, associatisi in piccolo luogo, per spiegarci le consonanze e le manchevolezze de’ nostri codici principali. Non occorre certo tenere qui parola del come i maestri e notai del tempo solevano allietare gli ozi della cancelleria e della scuola, anche nei centri maggiori, con discorsi e ragionamenti d’argomento storico o letterario : la cosa è ben nota ; e qui trattavasi, ’ non già di favoleggiare « de’ Troiani, di Fiesole e di « Roma », ma di comporre le reliquie vere d’un grande scomparso. Non tutte però ; chè, oltre alle epistole vergeriane irremediabilmente perdute, più d’una lettera, già nota fuori di Capodistria, sfuggiva alle ricerche dei raccoglitori locali '. Altra testimonianza non sprege- 1 II V. stesso parla d’un carteggio con Giovanni da Bologna tanto copioso «ut non modo in mulierum tuarum pensa sed et, ut Persius ait, in scombros