DI PIER PAOLO VERGERIO 151 oratorque percelebris. sed quid ego moror ne te vel inprimis me-morem, seculi nostri decus, qui me et sincera benivolentia et fami-liaritate plurima et litteris tuis gravissimis dignatus es, quique nil tale meritum laudas W vocibus, scriptis probas, erigís in spem,-5 hortaris, mones, et quecunque preceptoris eiusdemque optimi patris sunt, adhibes ? quamobrem neque de sorte tua queri neque illum superiorem benefactorem meum celari oportuit, quandoquidem, cum animum dares, omnia prestitisti. de quo, si qua est in me grati animi vis, quam esse maximam velim, semper tibi summas 10 gradas habeo; sed de eo nunc^ plurimas, quod, cum laudares ora-tiones meas, ostendisti in quibus rebus erratum(c) esset. id ego, non ut ceteri solent, fastidiose accepi, quibus ita videtur ut, que ipsiprobant, improbare vix quisquam ausit, nemo digne'possit, sed (a) B laudes esset. Id eo non (c) P erratul esset. id eo non (b) G in marg. autem P eo autem plurimas della Fraglia dei medici, dopo la caduta della signoria Carrarese nel 1388 si recò presso il Visconti, ma forse non immediatamente, poiché lo troviamo nel 1389 prendere parte ai ragionamenti della « brigata del Para-« diso » a Firenze. Fu bandito dal Carrarese nel 1390, ma nel settembre del 1392, riabilitato oramai dalla pace di Genova, venne raccolto di nuovo nel Collegio dei medici, e l’anno appresso è citato quale medico del principe. Nel 1393 gli fu pure concessa la cittadinanza veneziana de intus. Ancora a Padova 1’ 8 settembre del 1396, giorno in cui comprò una casa da Nicolò da Teoio, nel diploma di laurea concesso il 15 ottobre a Iacopo Savachi da Monselice, egli è dichiarato assente, e nel 1399, trasportata a Piacenza l’università di Pavia, vi fu accolto con uno stipendio più lauto di ogni altro. Dopo la morte del Visconti nel 1402, Marsilio si trasferì a Bologna, dove fece testamento il 31 gennaio 1405 e mori prima del 13 febbraio. Marsilio praticò i più famosi uomini di scienza e di lettere del suo tempo, quali Giovanni Dondi dall’Orologio e Giovanni da Ravenna, e conseguì una grande rinomanza per il consulto che fece nel 1369 per Federico da Savor-gnano, il quale lo ricompensò con un» « cingulo argenteo desuper aureato pon-« deris triginta unciarum» (cf. Gloria, Monumenti cit., I, §§ 743-9; A. Wes-selofsky, Il Paradiso degli Alberti e gli ultimi Trecentisti, Firenze, 1867, volume I, parte ia, p. 128 sgg.; B. Cec-chetti, La Medicina in Venezia nel 1300 in Archivio Veneto, XXVI, 1883, p. 107; R. Sabbadini, Giovanni da Ravenna cit., pp. 52, 56 8cc.). (3) La lezione « Pieridum » dei codici può stare (cf. Ovid. Am. I, 1, 6 : « Pieridum vates ») ; ma forse il V. voleva accennare altresì a quella modificazione del patronimico « Pieri » in «Pierius», che «per sentimento di « vanità letteraria Coluccio si permet-«teva d’introdurre nel proprio nome, « ma che ben presto abbandonò » (No-vati, Epistolario di Coluccio Salutali cit., IV, n, p. 384). e Giovanni medesimo, il suo maestro affettuoso ed ottimo padre. * Perciò Giovanni aveva torto di lamentare In propria sorte, e di non nominare Santo, giacché, col dar 1 animo suo, anch’egli ha dato tutto. Di ciò gli sarA sempre grato, e, massima-mente, perchè nel lodare i suoi scritti, ne ha additati gli errori.