LVI PREFAZIONE Ma, in complesso, tali difetti giovano a confermarci che, a differenza di quel che soleva accadere nella manipolazione dei testi, i raccoglitori capodistriani non rabberciassero i loro documenti, ma, fin dove la loro capacità lo consentiva, li riproducessero fedelmente e senza concieri; e di questa scrupolosità si può forse vedere ancora un indizio nel fatto che essi ci hanno tramandate integralmente le non poche lettere in cui Pier Paolo si distende a biasimare l'indole e i costumi dei concittadini suoi, ed a descrivere il tedio e la tristezza che ogni suo soggiorno in patria gli cagionava Riepilogando, dunque, diremo che se, dall’un canto, le nostre indicazioni non ci permettono di stabilire da chi venisse il primo impulso all’opera, e tanto meno di accertare per quale via i copisti capodistriani ottenessero il testo di alcune lettere dettate tra il 1414 ed il 1436 ; dall’altro, ci forniscono argomenti validissimi per sostenere che la trascrizione dell’Epistolario, come esso c’è stato tramandato nei nostri cinque 1 Secondo il Combi (Memoria cit., p. xli), le ragioni più profonde di questo «risentimento» vanno ricercate «nell’antica affezione dei Vergerli... pel go-« verno di Aquileia anziché pel governo di Venezia, ch’era desiderato invece « dalla gran massa delle popolazioni » ; tantoché bisogna « far colpa » a Pier Paolo « di quanto senti e scrisse deH’Istria, che pur molto amava come terra «quanto ogni altra, posta fra le stesse Alpi e lo stesso mare, italiana». Di simili preoccupazioni però non si scorge il menomo indizio nelle parole del Nostro : egli si lamenta soprattutto della « penuria doctorum hominum » a Capodistria (epist. LXXXXV), dove « virtus locum non habet, exulat inde scientia » (epist. Ili); e spiega che «ab infamia inter studia litterarum enutrito insuavis «est michi omnis preterquam cum doctis hominibus conversatio» (epist.XX). Altrove egli afferma « omnia ibi preter homines bona esse » (epist. LXII) ; ma, evidentemente, riescirebbe temerario il pretendere che tali giudizi, espressi da chi scriveva di Capodistria tra il 1390 ed il 1400, debbano necessariamente ritenersi infondati.