DI PIER PAOLO VERGER IO
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mearum rerum memoriam me revocasti, in quibus, ut(l) nonnulla fortasse constabant que reprehendi merito possint, ita perplurima <b)
    (a) L om. ut (b) R G ita quam plurima
M. T. Cicerone nelle Opere del Petrarca e del Boccaccio, Trieste, 1878, p. 30; P. De Nolhac, Pètrarque et l'Hutna-nisnte [1892] cit., pp. 183, 212 ; R. Sab-badinj, Le scoperte, dei codici cit., voi. I, pp. 26, 40; V. Rossi, Il cod. Lai. 8f68 della Bibl. Nazionale di Parigi e il testo delle Familiari del Petrarca, Classe di Scienze morali dei Lincei, serie 5*, voi. XVI). Il componimento del V. spetta pertanto o al 1384 o al 1394, a seconda che accogliamo l’indicazione di tempo recata dal codice R oppure quella data da Le C; ma se la fattura più che mediocre dell’epistola sembra indicarla scritta nel primo tempo, il fatto (se non c’ inganniamo) che l’epistola contiene delle allusioni, non soltanto a due passi delle lettere Ad At-ticum &c. all’infuori di quelli citati dal Petrarca, ma anche alle Epistulae ad familiares, che furono scoperte a Vercelli e copiate pel Salutati nel 1392 (cf. Epistolario cit., voi. II, p. 335 e sgg.), laddove parrebbe che perfino in quest’anno lo stesso Salutati non conoscesse se non assai imperfettamente, attraverso gli estratti già fornitigli dal Broaspini, le lettere Ad Atticum &c., tutto questo fa più che ragionevole la conclusione che il componimento spetta alla data più recente, e cioè al torno di tempo in cui il V. dovette occuparsi particolarmente del Petrarca curando l’edizione dell ’Africa. A ogni modo, niuno vorrà negare che, per quanto il V. fosse d’ingegno precoce, non sembra attendibile che, appena quattordicenne, egli potesse assumere la difesa di Cicerone con tanta conoscenza pur degli altri testi qui citati. Alla presente lettera poi pare alluda il Bruni, il quale, scrivendo nel 1405 al Salutati, aveva
già accennato alle lettere dirette dal Petrarca ai grandi uomini dell’antichità : « quando et hoc a nostris preclaris « vatibus inductum est, ut, quoniam vi-« ventes non sufficiebant, mortuos quo-«que litteris suis lacesserent ». «Nu-« per Aretii», egli scrive in data del
2	gennaio 141 5, « epistolam quandam « eiusdem [Ciceronis] reperi, quam te « nunquam vidisse scio. In ea non « sine stomacho Tullius noster Petrar-« che respondit ». (Cf. Leonardi Aretini Epist. libri cit., X, v, e VI, iv). Avvertiamo infine che, oltreché nei codici di cui ci siamo giovati - e per la collazione di L ringraziamo la molta cortesia del chiar.m° prof. E. Rostagno
-	l’epistola leggesi ancora nel cod. 122 (c. 18) della Bertoliniana di Vicenza, che però ci è sembrato superfluo escutere ; e che nei codici C , R e G essa è preceduta dall’epistola del Petrarca, di cui, per maggior chiarezza, diamo il testo pubblicato dal Fracassetti, Epi-stolae de rebus fam. et variae, Florentiae, voi. Ili (1863), p. 262:
Franciscus Petrarca M. Tullio Ciceroni s. p. d.
   Epistolas tuas diu multumque perquisitas atque ubi minime rebar inventas, avidissime perlegi : audivi multa te dicentem, multa deploranteni, multa variantem, Marce Tulli, et qui iampridem qualis praeceptor aliis fuisscs noveram, nunc tandem quis tu tibi esses agnovi. Unum hoc vicis-sim a vera caritate profectum non iam consilium sed lamentum audi, ubicunque es, quod unus po-sterorum tui nominis amantissimus non sine lacri-mis fundit. O inquiete seniper et anxie, vel ut verba tua recoguoscas, o praeceps et calamitose senex, quid tibi tot contentionibus et prorsum nihil profuturis simultatibus voluisti ? Ubi et aetati et professioni et fortunac tuae conveniens otium reliquisti ? Quis te falsus gloriac splendor senem adolescentium bellis implicuit, et per omnes iactatum casus ad indignam philosopho mortem rapuit? Heu 1 et fraterni consilii immemor, et tuorum tot salubrium praeceptorum, ceu nocturnus viator lumen in tenebris gestans, ostendisti secu-