LXXVIII PREFAZIONE /) la grafia -ci dinanzi a vocale è, per regola, abbandonata1 ; g) l’uso dell’ h s’accorda con l’ortografia classica 2 ; h) le parole, che correttamente si scrivono con consonanti raddoppiate, non ne vengono alleggerite 3 ; i) le eccezioni o, più propriamente, le oscillazioni dalle norme c), e), /), g), h) si desumono dai codici principali*. Infine, scriviamo « cunctus », «extat», « exuscitari », « subi-« cere », « valitudo », « benivolentia », « vindico » s. 1 Ad es. : «otiose» (12, r. 7), «pretium» (22, 26), « amicitie » (17,10), «scientia» (7, 12). 2 Quindi « pulchros » (108, r. 6) e «scholas» (107,17), ma «Thusciam» (93, 3). Intorno a «Iohannes» o «Ioannes» il testo riflette l’incertezza dei codici. 3 Rispetto a « littera » ved. le osservazioni del Salutati, il quala afferma (nel 1391) che «non irrationabiliter scribitur per duplex t» (Epistolario cit., voi. II, p. 280, dove sono riportate alcune dichiarazioni dei grammatici medievali nello stesso senso). 4 Notiamo qui alcune incertezze grafiche nel testo delle epistole del V., che servono ad illustrare, non solo le oscillazioni dell’ortografia, ma anche una certa indecisione nostra, particolarmente in sugli inizi della stampa. Le seguenti forme s’incontrano tutte nei codici detti principali : - c) « clypeo » (26, r. 9), « hyemis » (22, 1), «epytomata» (204, 11), «eclypsim» (236, 22), «lacrymis» (342, 25); però, «Ciprio» (271, 19); d) «tete» (22, 8), ma « te te » (140,2: Giov. da Ravenna); e) «plerumque» (35, 13); /) « preciosis » (5, 2), «ocio» (15,7: Francesco da Faenza), « amicicie » (16, 10); g) « athomus » (25,14), « hisdem » (43, 1); b) «garulis» (30, 2); «reperieris» (6, 1) anziché «reppereris» ha il consenso dei codici, e può essere la grafia del V. Notevole pure la forma «odiat» (41, 42). Le due forme «extimo» («estimo») e «existimo» non sempre appaiono equipollenti. Quando, per un dato passo, alcuni codici recano la prima forma, ed altri invece la seconda, abbiamo creduto opportuno, se trattisi d’un’epistola giovanile, adottare (in generale) « extimo » ma non con tanto rigore da escludere «existimo», lezione preferita da B, che può talvolta avere un significato alquanto diverso. Cf. però Salutati, op. cit., voi. Ili, p. 122: «tue existimationis erit quanti precii facias hoc munusculum iudicare». 5 Per la grafia «cunctus» (Uguccione) ved. le osservazioni del Salutati (Novati, op. cit., voi. II, p. 282 ; III, 158) ; e, per l’uso della stessa grafia, tra il 1357 ed il 1362, in certi scritti del Petrarca, cf. V. Rossi, op. cit., p. clxiv. « Cunctis benivolentiam » leggesi già in un’epistola Colucciana del 1366 (voi. I, p. 26, 2, 19); la forma «cuntus» non mai. In quanto a «valitudo», «benivo-« lentia », « malivolus » le grafie « vale- », « bene- », « male- » sono quelle