DI PIER PAOLO VERGERIO 147 magis mores atque animos hominum, non frustra evenisse omnia vitio suo iudicavi. atque ita michi a puero ea sententia animo stetit ut, si honeste tutoque possim, patriam negem; quod certe possum, non habitem; ct quidem, cum illue eo, quod tam invite 5 quam raro soleo, sic me illa semper iuvet ut non prius attigi quam abesse velim : ita sunt omnia que me offendant M, sed nichil eque, imo aliud nichil, quam vitia(b) hominum. nam cetera quidem bona sunt. neque ego eum et regna sempiterna notarent in- (a) G offendunt (b) B nihil unquam vitia G in marg.s «unquam in CP». SiPpropose ut quam (c) G neque ego sum (d) B munere quicquid (e)Z?reddeo (f ) G sed corr. in aut nell* interlineo. (g) P verum et urbes e ciò per colpa de’ cittadini scostumati. Perciò s’era sin d’allora deciso di rinnegar la città sua, o, per lo meno, di non abitarvi mai; a malincuore vi si reca, e, non appena giuntovi, vorrebbe già andarsene. Non odia però il sito, chè desso è ameno e fertile quanto ahri mai, bensì gli abitanti ; fra cui quanti siano i malvagi è meglio non discutere. Quindi con rammarico dichiarava « tutto esservi buo-« no tranne gii uo-« mini ». Quali invero essi siano, Giovanni lo saprà, se mai ne ha conosciuto qualcheduno, Santo solamente del tutto eccetto. De* genitori suoi, da costoro chiamati buoni, dirà solo che non li crede cattivi. Tale adunque è la verità penosa ; e forse, discorrendo con Santo, egli oltrepassò il segno, e fu fin troppo severo. Senonchò, non teme che le sue parole possano apporre a quel luogo una nota d’infamia ; teme anzi che non s’insozzi da sè. Chò se ciò fu possibile ne’ tempi