254 EPISTOLARIO la lettura del quale lo trattenne sino a tarda notte, e fu ripresa la mattina appresso. L’opera è mirabile pel contenuto, atto ad ammaestrar l’uomo maturo cupidus, mox aperui cepique lecturire W, cuius amenitas sic me detinuit, ut in plurimam noctem traheret et post consuetum somni spacium matutina vigilia revocaret. quo perlecto, cepi mecum summam operis, cultus, ornatus et sententiarum maiestatem solus, ut eram, et tacitus admirari. non enim michi visus es adolescen- 5 tulum instituere, sed ad omnem vite rationem et etatis humane (a) CMur. om. quem tuarum-lecturire stola XXVIII, p. 144 e sgg.), non c! pare ben fondata. Il Novati ritiene che la composizione del De ingenuis mo-ribus non fosse terminata prima del 1403 ; che noi non possiamo esser certi che il letterato capodistriano abbia divulgato il proprio lavoro subito dopo averlo composto ; che Ognibene Scola, la cui presenza in Firenze nel febbraio 1404 è attestata da una lettera scritta il 13 febbraio dai Dieci di balia, possa aver fatto ritorno a Firenze anche nel marzo del 1405; e che la presente debba pertanto esserassegnata al 4 marzo 1405. Rispetto all’argomento addotto dal Novati per fissare la data della composizione del trattato, nulla ci autorizza a supporre che la versione latina della Politeia di Platone esaminata dal V. « iam biennio ela-« pso » in casa di Carlo Zeno a Venezia (cf. l’epist. CI) fosse proprio la versione fatta dal Crisolora prima e riveduta poi da Uberto Decembrio a Pavia; e anche se ciò fosse, e se la versione non « cor-« resse tra le mani degli studiosi prima « del 1403 », nulla c’ impedisce di supporre che il Crisolora abbia potuto mandarne almeno il primo libro a Venezia, con o senza i miglioramenti apportati dal Decembrio, anche prima della fine del 1400. Nè devesi tacere che l’esordio del trattato, là dove il V. esalta la potenza di Franceso Novello, suonerebbe quasi un’ ironia, se la pubblicazione avesse avuto luogo ad un tempo posteriore alla giornata di Casalecchio, il 26 giugno 1402, quando la seconda lega anti-Viscontea subì gravissima sconfitta. Ancora: il viaggio di Ognibene Scola a Firenze non può aver avuto luogo nel 1405, poiché proprio in quel tempo egli si trovava incarcerato a Padova; e non sembra ch’egli si sia trattenuto a Firenze sino al principio di marzo nemmeno nel 1404, giacché egli venne mandato con Stefano da Carrara in missione diplomatica presso la Signoria dopo l’arrivo degli oratori milanesi che giunsero a Venezia l’ultimo giorno di febbraio (cf. R. Cessi, La prigionia di Ognibene Scola cit-, Raulich, La caduta de' Carraresi, Padova, 1890, p. 14). Sono degne di rilievo poi le parole dello stesso V. verso la fine del De ingenuis moribus : « apud Brixiam nuper cum « esses in exercitu Germanorum [cioè « il 24 ottobre 1401], progredì ausus « es in hostes armatus quantum nemo « militum offerre se sustinuit, quo « quidem facto nescio quibus magis, an « hostibus admirationi, an vero amicis « rubori fueris » ; parole che indicano che il trattato fosse pressoché portato a termine non molto dopo quell’episodio. Che il V. non tardasse a mandare copia del suo lavoro al Salutati, ce lo dice egli stesso nell’epistola seguente con la frase «libellus nuper a « me editus ». Crediamo quindi di non errare, assegnando la presente al 1402 o al più tardi al 1403. Per succinte notizie bibliografiche intorno al trattato stesso ved. B. Ziliotto, La coltura letteraria di Trieste, ivi, 1913, p. 61.