IJ2 EPISTOLARIO ceri, poiché trattasi d’eleggere ia strada che terrà * per tutta la sua vita, e ciò soprattutto ov’egli su nato e cresciuto in mezzo ai piaceri. Trascinato facil-mente dalle passioni, artes queve studia sequi malimus in vita, inopes consilii nobis pre-fìngitnus. periculosa siquidem hec deliberano est, amice optime, cum ex ea universa vivendi moriendique conditio dependeat. eun-dem enim vite modum, quem teneri nobis assumimus, usque ad extremum spiritum servamus; queque capimus iuvenes, eadem et 5 sapimus senes. sed profecto superdifficillimum est homini volupta-tibus innato eisque innutrito W ad voluptuosam deterioremque vitam non defluere, et errores, quos cum lacte natus 0>) avide suxit, cre-scentem non optare, tunc enim primum incipit ratio imbellis <*> subigi et perniciosis affectibus agi, que misera, in servitio nata et, 1 o t tenera, docta servire, non facile in futurum a se grave iugum avertit. «imus, imus», ut satiricus ait, « precipites »('), ac, nullo adhibito freno, passiones ab ortu contractas insequimur; atque ideo raros vide-mus, nisi quos benigno sidere celum aspexerit, ad virtutem tendere, omnes W per calcatam declivemque viam gradimur; nec ante er- 15 rorem nostrum cognoscimus quam revertendi W gressus pene fa-cultas abscesserit. his autem tam damnosis voluptatum alimentis, que, dum in nobis sopita est ratio, nimium avidi nimiumque tenaces sumimus, accedunt alia, que crescentes iamque discernere (a) P nutrito (b) P nactus (c) P in belila (d) P omnesque (e) B re-currcndi (f) P cum In nobis « temporis etate » : passo che sarebbe conclusivo, se non vi entrasse quel « sine te ». Nè possiamo tacere la poca attendibilità che, dopo circa sei anni e quando non sembra che fosse costretto a stare a Capodistria, egli abbia ripetuto quella frase dell’«in-« fausto scopulo » che fu adoperata da Santo de’ Pellegrini nell'epist. XIIII. Aggiungasi altresì un sospetto che il padre del Nostro non dovè aspettare che il figlio suo fosse venticinquenne per fargli un progetto di matrimonio. Fra tanta incertezza quindi mettiamo la presente innanzi alle lettere dell'autunno del 1395, soltanto perchè certamente non è posteriore a tale data. Rispetto poi alla preghiera di Giovanni da Ravenna perchè il medico Giovanni gli trovi un ragazzo a Muggia, possiamo congetturare o che questi fu per qualche motivo assente quando il cancelliere carrarese, forse in missione diplomatica, vi si recò, oppure che il V., trovandosi nel Padovano, all’atto di scrivere l’epist. LXI nulla sapesse del viaggio del ravennate, e che comunicasse anzi al medico di Muggia un desiderio espresso dal cancelliere qualche tempo prima. (2) Cf. Cic. De offic. I, xxxn, 117-8: « quae deliberatio est omnium difficil-«lima. Ineunte enim adulescentin, «cum est maxima imbecillitas con-«silii» &c. (1) A. Pers. Sai. Ili, 41-2.