[2I.V.19] Dimissioni di Salandra e di Saivago Raggi 585 dai giornali a cause che non hanno niente da fare colla verità; e cioè alla supposizione che soltanto il presidente del Consiglio possa avere un’azione efficace nella conferenza. Contrasta con queste affermazioni il fatto indiscutibile che Salandra era stato nominato subito presidente della commissione finanziaria e rappresentante dell’Italia nella com-. missione delle riparazioni, che sono le più importanti della conferenza; e che anche Saivago Raggi ebbe importanti incarichi. Alle dieci siamo ancora in Francia. Orlando mi manda a chiamare; passo nel suo vagone. Lo trovo riposato e tranquillissimo. Mi dice: « Tu mi hai scritto ieri una lettera che hai certamente meditata in tutte le sue conseguenze. Non sei uomo che ponga un problema tanto importante senza aver pronto un piano per la sua risoluzione. Mi vuoi comunicare il tuo piano? » « Volentieri, e con tutta franchezza. Ma non posso dire che ho formulato un piano, che non è affar mio: posso dirti che cosa penso come membro del Governo che tu presiedi. Il mio parere è che tu debba presentare le dimissioni a Sua Maestà il Re per poter essere costituzionalmente e consuetudinariamente il primo ad essere interrogato sulla soluzione della crisi. Nitti lavora, ed ha sempre lavorato contro di te. Tu devi manovrare in modo da impedirgli la successione alla quale egli aspira da due anni, e che sarebbe costituzionalmente inevitabile se egli ti battesse in una votazione parlamentare, diventando capo della maggioranza. Tu devi manovrare perché si formi un Governo presieduto da Tittoni che, secondo me, è l’uomo più indicato a risolvere le nostre questioni. Non so perché tutti a Parigi hanno paura di Tittoni, ed il Paese accetterà da un vecchio diplomatico, da un uomo energico e finissimo come Tittoni, le soluzioni che non accetterebbe da noi ». «Dunque il tuo piano è un ministero Tittoni, con l’esclusione di Nitti ».