812 Documenti (n. 58) tati, il 20 giugno 1917, con l’affermazione che l’Italia non ha altre mire che l’indipendenza dell’Albania e la difesa contro le ingerenze e gli intrighi degli Stati vicini. Il ministro aggiungeva che toccherà alle Potenze, al momento della pace, di fissare le frontiere dello Stato albanese. Del resto la proclamazione suddetta parlava di protezione e non di protettorato. Quanto al trattato di Londra del 1915, l’articolo 7 stabilisce che l’Italia “ non si opporrà a che le parti settentrionali e meridionali dell’ Albania siano divise fra la Serbia, il Montenegro e la Grecia ”, se tale è il desiderio degli Alleati. Questa formula mostra a sufficienza che l’Italia si preoccupa sopratutto di salvaguardare quanto possibile il diritto all’esistenza della nazione albanese, ciò che corrisponde anche ai suoi propri interessi nell’Adriatico. Questione di Fiume. A questo proposito io ricorderò che Fiume fu attribuita dal trattato di Londra alla Croazia, perché quest’ultima vi era considerata come separata dalla Serbia, ed anche per usare certi riguardi alla Russia. Invece attualmente, essendo la Croazia riunita alla Serbia, essa potrà approfittare dei porti attribuiti alla Serbia. Del resto la questione di Fiume non si riallaccia al trattato di Londra, visto che le Potenze si sono trovate di fronte alla volontà della popolazione di questa città, che godeva già di propria autonomia sotto la Monarchia austro-ungarica come “ corpus separatum”. L’Italia d’altra parte ha sempre proclamato la sua ferma intenzione di garantire alla Croazia e agli altri Paesi, il cui commercio potrebbe sboccare a Fiume, tutte le facilitazioni desiderabili. Contrariamente a quanto è enunciato nella nota, nessuna legge locale è stata promulgata a Fiume dal Governo italiano, e neppure dal Governo locale, in nome del Re d’Italia. È vero che il Consiglio Nazionale di Fiume, che esercita in quella città diritti di sovranità, ha decretato che le sentenze del tribunale locale dovevano essere pronunciate con la formula italiana. Ma ciò prova soltanto i sentimenti nazionali del Governo locale e non costituisce alcun atto d’ingerenza da parte dell’Italia. Per ciò che concerne gli slavi che resterebbero compresi entro i limiti delle frontiere italiane, bisogna tener presente che col regolamento territoriale adottato dalla Conferenza