542 Colloquio con Orlando [8.V.19] gio e delle navi pescherecce. Gli jugoslavi fanno tutti i dispetti possibili al nostro piccolo naviglio appena giunga nelle loro acque e nei loro porti. Ci accordiamo per una azione comune di sorveglianza colle nostre flotte, e per la inserzione di speciali articoli nei trattati. Alle 18 prendo parte alla seconda seduta del comitato di coordinamento per la stesura del trattato coll’Austria, che procede rapidamente nei suoi lavori. Alle 20 Orlando mi fa chiamare e mi comunica che domattina dovrò recarmi da Wilson assieme agli altri esperti finanziarii, e poi anche come membro del Consiglio Supremo economico. Lo trovo abbattuto, d’aspetto stanchissimo e sofferente. Discuto a lungo con lui e con Attolico le richieste speciali che dovremo fare per il trattato coll’Austria e poi gli racconto il mio colloquio con Sonnino, prospettando la opportunità di offrire la nostra garanzia militare alla Francia, come hanno fatto la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, e di chiedere vantaggi in cambio. Mi risponde con senso di grande sfiducia: « Non c’è niente da fare. Sonnino non vuole. » Non insisto, perché ho riflettuto che futuri avvenimenti potrebbero anche dar ragione a Sonnino. Poiché la Francia ha dimostrato e dimostra di avere una cosi scarsa comprensione delle nostre necessità nazionali, perché dovremmo schierarci fra gli inconciliabili nemici della Germania? Orlando mi comunica che il Consiglio dei Quattro ha trovato una formula per procedere nel trattato coll’Austria, senza pregiudizio delle nostre questioni adriatiche, che non riguardano l’Austria, ma la Jugoslavia. È stato cioè convenuto, in via di massima, che i trattati di pace con l’Austria e con l’Ungheria conterranno un articolo obbligante a riconoscere le frontiere fissate nei trattati, e anche quelle che non si potessero stabilire prima della firma dei trattati e che saranno posteriormente fissate dalle grandi Potenze alleate ed associate.